Consiglio di Stato 7 gennaio 2008, annullamento sentenza Tar Emilia Romagna in materia di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia.
Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia è legato non solo all'esigenza di "regolarizzare" la presenza nel territorio italiano dell'imputato di un procedimento penale soggetto a misure cautelari (nel caso sia sprovvisto di un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo ovvero di un permesso di soggiorno scaduto), bensì al riconoscimento dell'esercizio del diritto di difesa nel procedimento stesso.
Fin quando non interviene una sentenza di condanna, il venire meno dell'applicazione delle misure cautelari restrittive della libertà personale, non legittima la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
N. 3/2008
Reg.Dec.
N. 3641 Reg.Ric.
ANNO 2002 |
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello proposto da Ministero dell’interno in persona del Ministro
pro-tempore e
contro
Baci
Ilir, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luca Donelli e Renato Recca ed
elettivamente domiciliato in Roma presso il secondo alla via Aniene n.14;
per l'annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna Sezione
I n.276 del 4 febbraio 2002;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’originario
ricorrente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2007 relatore il Consigliere
Luciano Barra Caracciolo.
Uditi l’avv. dello Stato Massarelli e l’avv. Manzi per delega
dell’avv. Recca;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tar dell’Emilia Romagna ha accolto
il ricorso proposto da Baci Ilir avverso il decreto in data 1.12.2001, del
Questore della provincia di Forlì-Cesena con cui era rigettata la sua richiesta
di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Il Tar riteneva
che non risultassero evidenziate dall’atto impugnato situazioni o valutazioni
sopravvenute, rispetto alle esigenze di giustizia che avevano determinato
Appella il Ministero dell’interno deducendo i seguenti motivi:
Il Tar ha omesso di considerare che nei periodi indicati nei
precedenti permessi (dal 6 maggio 2000 al 15 maggio 2001), il ricorrente era
trattenuto per gravi comportamenti antisociali, nelle prigioni della
Repubblica, e che il permesso per motivi di giustizia altro non era che un
adempimento burocratico per “regolarizzare” dal punto di vista della legge
sull’immigrazione la situazione del ricorrente. Al riguardo era significativo
che nei precedenti permessi era stampigliato il “divieto assoluto di svolgere
attività lavorativa”. Era ragionevole che una volta accertata la dismissione
dalla detenzione del Baci, libero di vagare per il territorio nazionale, gli
elementi che avevano condotto alla sua detenzione potevano e dovevano essere
valutati dal Questore al fine di concedere o meno il permesso di soggiorno.
Si è costituito l’originario ricorrente deducendo l’infondatezza
dell’appello.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Ed infatti, deve ritenersi errata la premessa del ragionamento
appellatorio che il diniego impugnato dovesse essere adottato a seguito del
venir meno delle misure cautelari legate alla qualità di imputato nel processo
penale assunta dall’originario ricorrente, posto che è pacifico che la residua
misura dell’obbligo di presentazione alla P.G. aveva cessato la sua applicazione
già al 9 settembre 2000 ed era stato già, successivamente, rilasciato un
permesso di soggiorno per motivi di giustizia, anteriore al decreto impugnato
(che, in pratica, ne negava la “proroga”).
La erronea supposizione della vigenza di misure cautelari in
occasione del precedente rilascio del permesso, richiamata dalla relazione
dell’Amministrazione nel giudizio di primo grado, in ogni modo, non rendeva di
per sé illegittimo il rilascio medesimo e neppure predeterminava il diniego
successivo, nel senso che, come sostenuto in appello, il venir meno delle
misure cautelari legittimasse una valutazione di pericolosità in base
all’apprezzamento dei fatti per cui si procedeva penalmente.
Ed invero, non si può non considerare che il rilascio, (in termini
di sotanziale proroga), di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia,
quale in precedenza previsto dall’art.5, comma 3, del D.lgs.n.286\98, era
ancorato non solo all’esigenza di dare titolo alla permanenza dell’interessato
nel territorio, (quando non avesse un permesso di soggiorno, o quest’ultimo
fosse nel frattempo scaduto), in presenza dell’applicazione di misure
restrittive della libertà applicate dall’autorità giudiziaria penale, ma anche
a quella, più ampia e connaturata, di consentire l’eventuale permanenza fino
alla conclusione del processo, per potervi esercitare il diritto di difesa, al
soggetto che, in precedenza destinatario di permesso di soggiorno per motivi di
lavoro, avrebbe potuto in linea teorica aspirare al rinnovo ove non coinvolto
nel processo penale.
La stessa concessione del permesso per motivi di giustizia
configura una situazione legittimante la permanenza nel territorio statale più
ristretta e precaria di quella in precedenza posseduta dall’interessato, sicchè
le esigenze di giustizia che lo giustificavano devono essere apprezzate nella
loro intera rilevanza, non solo quindi come esclusivamente favorevoli al
destinatario del permesso stesso.
Ne discende che, nel caso in esame, poiché non risultava ancora
accertata la penale responsabilità dell’originario ricorrente, non era
sufficiente il venir meno delle misure cautelari restrittive della libertà
personale per provvedere al diniego di rinnovo del permesso per motivi di
giustizia, previa valutazione della pericolosità desumibile dai fatti posti a
base dei capi di imputazione.
Come correttamente evidenziato dal primo giudice, infatti, una
siffatta valutazione sarebbe stata giustificabile, eventualmente, solo in
presenza di significative situazioni sopravvenute rispetto alle esigenze di
giustizia che avevano già determinato
Ove quest’ultima qualità fosse stata incondizionatamente
rilevante, in base alla precedente disciplina dell’immigrazione, al fine di
denotare la pericolosità dello straniero in precedenza titolare di permesso di
soggiorno per motivi di lavoro, il permesso per motivi di giustizia sarebbe
stato praticamente inapplicabile o comunque inidoneo a garantire, anche allo
straniero, l’accertamento in contraddittorio della sua colpevolezza penale nel
corso dell’intero giudizio, conclusione non conforme al sistema delineato dal
testo originario, al tempo vigente, del D.lgs.n.286\98.
Alla luce delle osservazioni che precedono, l’appello va pertanto
respinto.
La natura della controversia giustifica la compensazione delle
spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,
respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2007 dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
Giovanni
Ruoppolo Presidente
Giuseppe
Romeo Consigliere
Luciano
Barra Caracciolo Consigliere
Est.
Domenico
Cafini Consigliere
Francesco
Caringella Consigliere
Presidente
GIOVANNI
RUOPPOLO
Consigliere Segretario
LUCIANO BARRA
CARACCIOLO
GIOVANNI CECI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 7/01/2008
(Art.
Il Direttore della Sezione
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla
presente è stata trasmessa
al
Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto
1907 n.642
Il
Direttore della Segreteria