Il Tavolo Immigrazione chiede a Governo e Parlamento “correttivi in corso d’opera”. Come un’interpretazione estensiva sugli organismi pubblici, la presenza in Italia dichiarata dal datore o i soldi restituiti in caso di bocciatura
Roma – 28 settembre 2012 – “Una regolarizzazione complessa, limitata nell’accesso, alquanto costosa e non sufficientemente chiara sulle garanzie per datori di lavoro e lavoratori stranieri. Un approccio da parte dell’Esecutivo farraginoso e pasticciato, tanto da far sorgere dubbi legittimi sulla sua effettiva utilità e fruibilità da parte di datori di lavoro e lavoratori stranieri irregolari”.
È la valutazione del Tavolo immigrazione, organismo che riunisce Acli, Arci, Asgi, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cisl, Comunità Di S.Egidio, Fcei, Sei Ugl e Uil. Uno schieramento trasversale di associazioni e sindacati che ha lanciato oggi un nuovo appello a Governo e Parlamento per correggere la regolarizzazione, che così com’è rischia di non raggiungere il suo obiettivo. “Si continua a danneggiare l’economia reale e la dignità degli stessi lavoratori”.
Tante le criticità indicate nel documento (qui la versione integrale), ma in cima alla lista, naturalmente, c’è la prova di presenza in Italia al 31 dicembre 2011 rilasciata da un “organismo pubblico”. Una scelta “irragionevole”, se per la Pubblica amministrazione gli stranieri senza permesso di soggiorno sono necessariamente invisibili.
“Rimarranno esclusi molti lavoratori irregolari, in possesso dei requisiti richiesti, che non hanno avuto ‘la fortuna’ di essere malati o espulsi e quindi sono nell’impossibilità di dimostrare la propria presenza sul nostro territorio” sottolinea il Tavolo Immigrazione. Denunciando che un’interpretazione restrittiva è “lesiva di un fondamentale principio di eguaglianza e di ragionevolezza ed è quella che si presta maggiormente a produrre speculazioni, truffe e contenziosi giurisdizionali”.
Associazioni e sindacati chiedono che “si aggiunga al sistema della prova la possibilità di una dichiarazione sostitutiva da parte del datore di lavoro”. E che comunque venga data un’interpretazione estensiva degli “organismi pubblici”, una “nozione che non ha confini univoci ma dà luogo a classificazioni eterogenee sulla base di una varietà di criteri”.
In una definizione così vaga, si sottolinea nel documento, potrebbero rientrare anche enti non pubblici che però hanno fornito prestazioni o svolto attività di interesse generale su mandato di un organismo pubblico o in convenzione con una pubblica amministrazione. Questo farebbe certo la differenza, dando una chance, ad esempio, a chi ha frequentato corsi di lingua italiana, centri di accoglienza, mense ecc.
Associazioni e sindacati chiedono “al Governo ed al Parlamento di considerare correttivi in corso d’opera, tenendo in considerazione i suggerimenti già avanzati dalle organizzazioni componenti il Tavolo Immigrazione”. E stilano un elenco degli interventi che potrebbero salvare la regolarizzazione:
a) estendere la possibilità di presentare domanda di regolarizzazione anche a quei datori di lavoro titolari di permesso di soggiorno, anche se non di lungo periodo;
b) prevedere la possibilità di una dichiarazione sostitutiva da parte del datore di lavoro come prova di presenza;
c) interpretare in modo estensivo la documentazione sulla presenza proveniente da organismo pubblico;
d) considerare prova di presenza i timbri di ingresso in area Schengen;
e) dare la possibilità di regolarizzare i rapporti di lavoro part-time in tutti i settori;
f) dare la possibilità al lavoratore regolarizzando di accedere al riconoscimento del permesso di soggiorno per attesa occupazione qualora il datore di lavoro non ottemperi ai suoi obblighi conseguenti al buon esito dell’istanza presentata;
g) estendere la possibilità di regolarizzazione al coniuge irregolare del lavoratore migrante regolarizzato;
h) chiarire tutti quegli aspetti che potrebbero portare alla discrezionalità degli uffici e delle autorità locali nella fase di esame delle domande;
i) contenere i costi della regolarizzazione o, almeno, prevedere la possibilità di restituzione in caso di diniego o mancata formalizzazione della domanda per cause indipendenti dalla buona fede di chi la presenta;
j) estendere il termine per la presentazione della domanda al 15 novembre 2012;
k) chiarire che l’esercizio della potestà espulsiva è sospeso dal 9 agosto 2012 fino al 15 ottobre 2012 così come delineato nell’art. 5 e, per coloro che hanno presentato la domanda di emersione, sino alla conclusione del procedimento correlato.
Elvio Pasca