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Inail: 3,4 milioni di lavoratori stranieri

I dati sugli assicurati. "Immigrati rischiano più infortuni"

Roma – 18 maggio 2010 – In Italia sono 3.400.000 gli stranieri assicurati all’INAIL. Il dato è stato reso noto ieri al Forum Pa, nel corso del convegno "Il lavoro, gli infortuni e le malattie professionali degli stranieri". "Il numero degli assicurati nel corso degli anni è aumentato", ha affermato Adelina Brusco, della Consulenza statistico attuariale INAIL , precisando, però, come nella rilevazione siano inclusi anche coloro che hanno prestato la propria attività professionale per un giorno, oppure a tempo determinato o stagionale.

"I settori più a rischio per gli uomini sono le  costruzioni, i trasporti, tutta la metallurgia e l’industria pesante. Per le donne, invece, i maggiori pericoli provengono dal terziario, anche se si contano indici di incidenza elevata anche nell’industria pesante", ha sottolineato Brusco. "Ovviamente le donne sono prevalentemente occupate in settori poco pesanti. Tuttavia ciò non diminuisce il rischio di infortunio per quell’esiguo numero che presta la propria opera nei settori industriali".

"Per la nostra indagine abbiamo suddiviso i lavoratori stranieri in due categorie diverse: i primi che provengono da Paesi a forte pressione migratoria, come Romania, Albania, Marocco, Algeria e Paesi africani ed asiatici. I secondi, invece, che provengono da Paesi a sviluppo avanzato, come Svizzera, Germania e Francia", ha spiegato Daniela Gallieri demografa ed esperta informatica presso la direzione centrale Servizi informatici e telecomunicazioni INAIL. "Nel secondo caso abbiamo osservato un comportamento molto più simile a quello dei lavoratori italiani, a differenza dei primi".

Queste dinamiche, pertanto, evidenzia l’Istituto, fanno facilmente comprendere come l’indice di incidenza infortunistica di coloro che provengono da Paesi a forte pressione migratoria sia più alto rispetto agli altri. "Cio’ dovrà portare, per le politiche sociali a un focus maggiore, in quanto sono lavoratori ad alto grado di rischiosità", conclude Gallieri. "Si tratta, infatti, di persone impiegati in lavorazioni prevalentemente manuali e con una formazione professionale abbastanza insoddisfacente alle spalle".

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