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Espulsioni. Cassazione: “Illegittimo vietare il reingresso in Italia per più di cinque anni”

Il limite vale anche per chi è stato espulso quando il Testo Unico per l’Immigrazione prevedeva dieci anni di divieto. Assolto (e scarcerato) un dominicano

Roma – 3 aprile 2012 – Il divieto di reingresso in Italia per i clandestini espulsi non può superare i cinque anni.

 

C’è scritto, dallo scorso ,  nel Testo uico sull’immigrazione. L’Italia si è infatti dovuto adeguare alla direttiva Ue sui rimpatri, abbassando il limite che la Bossi-Fini aveva portato a dieci anni.  La “regola del 5”, spiega ora una sentenza della Cassazione, vale anche per chi è stato espulso quando era in vigore la “regola del 10”.

Secondo questo principio, i giudici  ha ordinato l’immediata scarcerazione di S.S., un cittadino dominicano fermato a Napoli nel marzo 201. Era infatti risultato privo di autorizzazione al reingresso dopo un’ espulsione rimediata nel luglio 2004.

Nella sentenza 12220, la Cassazione osserva che la direttiva comunitaria 115/2008, sull’immigrazione, dispone – all’art. 11, paragrafo due – che “la durata del divieto di ingresso è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera i cinque anni”. “E’ di tutta evidenza, allora, – aggiunge la Suprema Corte – come si ponga in insanabile contrasto con la vincolante direttiva europea la normativa italiana, art. 13 d.l.vo 286/98, che pone il divieto di reingresso per dieci anni e, comunque, per un tempo non inferiore ai cinque anni”.

Nel caso in questione, si rileva che S.S. ha fatto rientro in Italia ben dopo cinque anni dall’espulsione, per cui, deve essere “doverosamente disapplicata la normativa interna” e l’imputato “deve essere assolto perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato”.

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