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Bonus bebè. “Non escludere gli immigrati che hanno un permesso per lavorare”

Ennesimo appello dell’Asgi sulla parità di trattamento.  "Violate le norme europee, bisogna cambiare subito le regole"

 
Roma – 12 maggio 2015 – Il via libera alle domande per il bonus bebè è stata una buona notizia anche per molte mamme e papà immigrati,  ma non per tutti. I requisiti della carta di soggiorno, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria hanno infatti tagliato fuori tutti quelli che in tasca hanno un “normale” permesso di soggiorno.
 
Quell’esclusione è però illegittima. Le direttive europee, che prevalgono sulla legge italiana, prevedono infatti per le prestazioni assistenziali una più ampia platea di stranieri che hanno diritto alla parità di trattamento con gli italiani. 
 
È così per i familiari non comunitari di cittadini italiani o di altri Stati UE residenti nel territorio dello Stato, per i titolari di “carta blu Ue” e per i titolari di un permesso di soggiorno consenta di  lavorare in Italia, come il permesso per lavoro o quello per motivi familiari. Questi ultimi sono sicuramente i più numerosi tra gli esclusi. 
 
Quando ancora doveva essere approvata la legge di stabilità, che ha introdotto il bonus bebè, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione già aveva chiesto invano a governo e Parlamento di rispettare le norme europee, così come aveva fatto con l’Inps prima che uscisse la circolare con la procedura per le domande per il bonus.  Ora chiede di correggere l’errore, anche per "evitare contenziosi legali e  prevedibili procedimenti di infrazione da parte della Commissione europea".
 
"È necessario – scrive l’Asgi – che vengano al più presto introdotte e diffuse le modifiche necessarie a ristabilire la parità di trattamento tra tutti i cittadini interessati". E bisogna farlo subito, visto che i beneficiari rischiano di non riuscire ad avere una corretta informazione  in tempo utile per presentare la domanda prima della scadenza. 
 
Tra l’altro, è impossibile provare a presentare comunque la domanda via internet:  il sistema informatico dell’Inps non accetta quelle delle categorie escluse. Rimane la possibilità, ricorda però l’Asgi, di presentare domanda "a mezzo raccomandata o PEC anche avvalendosi del sostegno del servizio antidiscriminazione dell’associazione".
 
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