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CIE. Rimpatriato solo un detenuto su due, meno dell’1% degli irregolari

Medici per i Diritti Umani pubblica i dati della Polizia di Stato: “Non sono solo inumani, anche inefficaci e irrilevanti. Vanno chiusi”

Roma –  13 febbraio 2014 – I Centro di identificazione ed espulsione, oltre che inumani, sono inefficaci e irrilevanti. Meno della metà degli immigrati irregolari reclusi viene effettivamente rimpatriato. E quelli che sono davvero costretti a lasciare l’Italia sono comunque una goccia nel mare dell’irregolarità.

A certificare il fallimento delle strutture dove oggi uomini e donne possono rimanere chiusi fino a un anno e mezzo solo perché non hanno un permesso di soggiorno sono i dati della Polizia di Stato diffusi da Medici per i Diritti Umani.

Nel 2013 i trattenuti sono stati 6.016 (5.431 uomini e 585 donne), ma solo 2.749 (il 45,7%) è stato rimpatriato. Un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti), inferiore a quello, comunque fallimentare,  registrato nel 2012, quando la percentuale è stata del 50,5%. Tra l’altro, il numero dei rimpatriati dopo il trattenimento nei Cie nel 2013 è appena lo 0,9% dei 294.000 immigrati che l’ISMU, all’inizio dello stesso anno, stimava fossero presenti in Italia.

La Polizia ha calcolato in 38 giorni il tempo medio di permanenza nei Cie, molto meno del tetto di 18 mesi alzato nel 2011 dal centrodestra.  Medu chiede però di scorporare il dato, “dal momento che rappresenta una media di tutte le persone transitate nei centri, includendo categorie di migranti trattenuti anche per periodi brevissimi, come ad esempio i migranti il cui trattenimento non è stato convalidato dall’autorità giudiziaria”.

Nelle loro visite nei Cie italiani, dal quale è venuto fuori il rapporto Arcipelago Cie, gli operatori di Medu hanno rilevato “numerosi casi di migranti trattenuti per periodi superiori ai 12 mesi, anche in condizioni di estrema vulnerabilità e di grave disagio psichico (si vedano i comunicati su Trapani Milo e Gradisca d’Isonzo)”.

“A conferma dell’aggravamento del  clima di tensione e dell’ulteriore deterioramento delle condizioni di vivibilità all’interno dei centri di identificazione ed espulsione – segnala l’associazione –  vi sono le numerose rivolte e proteste che si sono susseguite nel corso del 2013 e nel primo scorcio del 2014. Le istituzioni non possono continuare ad ignorare questo stato dei fatti ed è necessario che il governo affronti con urgenza la questione del superamento di strutture – i centri di identificazione ed espulsione – del tutto incapaci di garantire il rispetto della dignità umana e i più elementari diritti della persona”.

Mentre la politica non si muove, tra rivolte, proteste disperate e tagli al budget, il sistema Cie sembra comunque implodere. Otto centri, ricorda Medu, sono stati temporaneamente chiusi a causa di danneggiamenti o problemi di gestione, mentre i cinque CIE di Torino, Roma, Bari, Trapani Milo e Caltanisetta operano con una capienza molto limitata.

“Per tutte queste strutture vale la considerazione fatta a proposito del CIE di Trapani Milo in occasione dell’ultima visita effettuata degli operatori di MEDU il 23 gennaio scorso: un luogo di inutile sofferenza. Sofferenza e disagio che colpisce in primo luogo i migranti trattenuti, ma che pervade e raggiunge in diverso modo tutti coloro che vi operano: dagli operatori degli enti gestori alle forze di polizia”.

Che fare? Medici per i Diritti Umani ha tre propose: “La chiusura definitiva degli otto CIE temporaneamente non operativi e la chiusura dei cinque centri di identificazione ed espulsione ancora aperti in ragione della loro palese inadeguatezza strutturale e funzionale; la riduzione a misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, del trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio;  l’adozione di misure di gestione dell’immigrazione irregolare, caratterizzate dal rispetto dei diritti umani e da una maggior razionalità ed efficacia
 

Scarica

Tabella con i dati nazionali 2012 e 2013 sui CIE  

Grafico rendimento CIE

Rapporto Arcipelago CIE

 

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