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Cittadinanza. Amara Lakhous: “L’Italia smetta di fare catenaccio”

Lo scrittore: “L’Italia era multiculturale anche prima dell’immigrazione, perché si chiude?”. Chaouki (Pd): “Fiduciosi sulla riforma. Il Paese è cambiato e la politica è in ritardo”

Roma – 25 giugno 2013 – “L’Italia era multiculturale anche prima dell’immigrazione, con le sue tante anime. Allora perché si chiude a catenaccio di fronte agli immigrati e ai loro figli?”.

Se lo chiede lo scrittore italo-algerino Amara Lakhous, intervenuto ieri pomeriggio alla Camera dei Deputati al convegno ““Raccontare l’Italia che cambia. Web, cinema e letteratura. Spazi creativi dei nuovi italiani”. Nel corso dell’evento sono stati presentati il suo nuovo romanzo Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, il film di Haider Rashid Sta per Piovere e il portale delle seconde generazioni Italiani+

Parlando della legge sulla cittadinanza, Lakhous ha utilizzato una metafora calcistica, descrivendo un’Italia chiusa in difesa. “Oggi il catenaccio in politica, nella società, è quello applicato contro i figli degli immigrati. La maggior parte di questi ragazzi hanno solo l’Italia e l’Italia non li vuole. È una cosa che mi provoca imbarazzo, disagio, fastidio. L’Italia sta perdendo la partita, ma possiamo uscire dal catenaccio e vincerla”.

Parlando della sua esperienza, Lakhous ha detto di aver “ereditato l’identità araba e berbera. Poi, quando a venticinque anni sono arrivato in Italia, ho iniziato a costruire la mia identità italiana, con sudore, passione, amore per la libertà. Non posso vivere con una sola cultura, una sola lingua, una sola identità. A me piace vivere al plurale”.

Il regista Haider Rashid, italiano di origini irachene, ha raccontato di “essere cresciuto con la rappresentazione di immigrati rinchiusi in scatole di pregiudizi. Subendo io stesso il pregiudizio per un nome che in questo Paese è ancora straniero”. Sta per piovere è la storia di un ragazzo nato e cresciuto a Firenze, figlio di immigrati algerini. Una famiglia costretta a lasciare l’Italia quando il padre non riesce a rinnovare il suo permesso di soggiorno.

“Ho voluto raccontare la normalità. Far capire – ha spiegato Rashid -che i vari Samir, Amir o Khalid sono italiani. È in ballo il diritto all’identità , ad avere la libertà di sentirsi italiani o stranieri, a professare la propria religione. Il protagonista del mio film, Said Mahran, è un fiorentino dal nome strano, che dissacra l’essere straniero e che al suo datore di lavoro dice: “io sono italiano più di te”.

“Spero che sia l’ultima volta – ha aggiunto il regista – in cui  devo definire un personaggio per le due origini,. Voglio raccontare storie di seconde generazioni per quello che sono nella loro normalità”.

Al convegno è intervenuto anche Pietro Soldini, responsabile immigrazione della Cgil, come rappresentante del comitato promotore della campagna l’Italia sono anch’io, che ha raccolto oltre duecentomila firme per due proposte di legge di iniziativa popolare per la riforma della cittadinanza e il diritto di voto amministrativo per immigrati.

“È maturo il tempo di una riforma – ha detto Soldini – e ben vengano le mediazioni, ma discutendo nel merito della questione, su cose concrete. E sgomberando il campo da pregiudizi e luoghi comuni, come l’allarme per l’Italia che diventerebbe una meta per tutte le partorienti del mondo: siamo davvero un Paese così appetibile?”.

“E poi, se un permesso di soggiorno di un anno e rinnovabile dà diritto al ricongiungimento, perchè non dovrebbe permettere anche di generare figli che siano italiani? Sarà dura – nota Soldini – spiegare ai ragazzi che non possono prendere la cittadinanza, mentre i loro amici figli di immigrati che hanno un permesso regolare da cinque anni sì“.

Per l’”ltalia sono anch’io” va aggiornata l’istruttoria delle domande di cittadinanza, togliendola al Viminale e affidandola ai sindaci, e bisogna intervenire sulle naturalizzazioni. “Oggi l’Italia ha così tanti immigrati rispetto ad altri Paesi europei anche perchè da noi le naturalizzazioni sono difficilissime: un quarto dei francesi, un quinto dei tedeschi sono di origine straniera. Continuare a negare la cittadinanza a una massa di persone che vivono e lavorano in Italia è apartheid”.

Quanto al diritto di voto, “se non lo si riconosce a un fetta della popolazione che in alcuni Comuni supera il 20% è a rischio il concetto stesso di suffragio universale, di democrazia. Si sa che gli immigrati fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare – ha scherzato Soldini – facciamoli pure votare, visto che gli italiani alle urne non ci vanno più”.

La riforma della cittadinanza, almeno per le seconde generazioni, arriverà in porto in questa legislatura? Khalid Chaouki, deputato del Partito Democratico e promotore dell’intergruppo parlamentare immigrazione e cittadinanza è ottimista.

“Siamo fiduciosi, sembra esserci la volontà di tutte le forze politiche. Lo dimostra il confronto avviato nell’intergruppo e le tante proposte depositate in Parlamento. Nei prossimi giorni si entrerà nel vivo con l’inizio della discussione in Commissione Affari costituzionali alla Camera e si cercherà di arrivare a un testo unificato da portare in Aula”.

“Intanto, è necessario un salto di qualità. Anche per i media è il momento di raccontare un’Italia che è già cambiata” ha spiegato Chaouki introducendo  il convegno di ieri, di cui è stato promotore.

“Oggi – ha sottolineato il deputato – le istituzioni e la politica sono molto in ritardo rispetto a questo cambiamento. Ci sono però finalmente i presupposti per avviare la ratifica anche legislativa del cambiamento. Il nostro compito è recuperare questo ritardo e aprire davvero il Parlamento alle istanze della società italiana”

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