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Cori razzisti contro Boateng. Tutti assolti i tifosi della Pro Patria

"Il fatto non sussiste", ribaltata la sentenza di primo grado. Per i buu della curva il Milan abbandonò il campo

 
Milano – 4 giugno 2015 – Era solo una partita amichevole, ma se ne parlò, purtroppo, in tutto il mondo.
 
Il 3 gennaio 2013 il Milan abbandonò il campo di Busto Arsizio, dove stava affrontando la Pro Patria. Una forma di protesta contro i versi e gli insulti che dalla curva dei padroni di casa piovevano su Kevin Prince Boateng e altri milanisti con la pelle nera ogni volta che toccavano la palla. 
 
Fu l’ennesima occasione per denunciare la piaga del razzismo nel calcio. Qualche mese dopo lo stesso Boateng fu chiamato come testimonial dall’Onu: “Il razzismo non va via da solo. Se non lo fronteggiamo, dilagherà. Abbiamo il dovere di fronteggiarlo e combatterlo”, ammonì il giocatore dal Palazzo delle Nazioni di Ginevra. 
 
La vicenda ebbe però anche gli strascichi giudiziari. Sei giovani tifosi della Pro Patria furono identificati, denunciati e condannati in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio per “ingiuria aggravata dai motivi razziali”. Avrebbero dovuto scontare da 40 giorni a due mesi di reclusione (pena sospesa) e pagare diecimila euro di risarcimenti.
 
Giovedì scorso quelle condanne sono state cancellate. La Corte di Appello di Milano ha assolto tutti e sei gli imputati, perché “il fatto non sussiste”. Il pm aveva invece chiesto ai giudici di confermare la sentenza di primo grado, per l’ “inequivoca la finalità di discriminazione razziale” delle “emissioni sonore di scherno che si verificavano ogni volta che la palla veniva toccata da giocatori di colore”. 
 
Perché tutti assolti? Per ora non è dato saperlo. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora depositate.
 
 
 
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