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Emergenza nomadi. “Fu schedatura etnica, cancellare le impronte”

Il tribunale di Roma riconosce la discriminazione subita da un cittadino rom. Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative: “Adesso distruggere tutti i dati di quel censimento”

Roma – 6 maggio 2013 – Le impronte digitali prese ai rom durante l’“emergenza nomadi?” Una schedatura su base etnica. E per questo illegittima. Lo Stato ha violato i diritti di chi l’ha subita.

Tra questi c’è Elviz Salkanovic, cittadino italiano di etnia rom che tre anni fa fu “censito” insieme ad altri migliaia di rom residenti a Roma, nonostante avesse in tasca una carta di identità valida. Pochi giorni fa è arrivata la sentenza del Tribunale Civile di Roma che ha riconosciuto che fu vittima di una discriminazione, e ha ordinato al Ministero dell’Interno di distruggere la sua scheda e di pagargli, insieme alla presidenza del Consiglio, 8 mila euro di risarcimento per i danni morali.

Salkanovic aveva presentato un ricorso insieme ad Associazione 21 luglio, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Open Society Justice Initiative. Hanno chiesto con successo al giudice di accertare il carattere discriminatorio delle procedure d’identificazione previste dal Piano Nomadi di Roma, varato nell’ambito dell’ “Emergenza nomadi” dichiarata dal governo Berlusconi nel 2008, e quindi che Prefettura e Questura non potessero più conservare i suoi dati sensibili.

Quelle misure, sottolineano le tre associazioni, “hanno provocato, esclusivamente per un gruppo di appartenenti a una specifica comunità etnica, quella rom, una distinzione che ha gravemente violato il loro diritto all’onore, al decoro, alla reputazione e alla riservatezza, nonché il diritto all’eguaglianza nell’accesso all’alloggio. Il censimento era infatti stato presentato come una condizione necessaria per accedere a nuovi alloggi”.

Nella sentenza emessa dalla seconda sezione civile del Tribunale di Roma, si legge che il fotosegnalamento ha “comportato una distinzione basata sulla provenienza etnica, poiché quella persona di etnia Rom, cittadino italiano munito di documento, è stato senza ragione identificato mediante rilievi segnaletici in quanto coinvolto in un’operazione i cui destinatari di fatto erano gli appartenenti alla comunità rom”. “Il trattamento a cui è stato sottoposto Salkanovic – prosegue la sentenza – ha provocato l’effetto sia di violare la sua dignità, sia di creare un clima ostile da parte dell’opinione pubblica”.

È solo l’ultimo macigno giudiziario sull’”emergenza nomadi”. Poche settimane fa la Corte di Cassazione aveva confermato il giudizio del Consiglio di Stato del novembre del 2011, sul fatto che fu illegittima, in quanto basata su false premesse emergenziali.

In vista delle numerose critiche dagli organismi internazionali di monitoraggio dei diritti umani, sottolineano ancora le associazioni, nel marzo 2012, il governo aveva dichiarato al Comitato per la Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite che i dati del censimento nomadi erano stati distrutti. Ora la sentenza impone l’obbligo di tale distruzione che, tuttavia, non risulta essere mai stata ordinata, nonostante lo stesso governo italiano abbia pubblicamente dichiarato di averlo fatto.

“Raccogliere le impronte digitali e le informazioni personali di migliaia di persone in un archivio, esclusivamente in base all’appartenenza a un particolare gruppo etnico o sociale, oltre che costituire una discriminazione dal punto di vista giuridico, rappresenta una violazione della dignità umana – affermano Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative -. Risulta particolarmente grave perché effettuata da autorità pubbliche preposte alla tutela dei diritti di chi vive sul territorio”.

“La sentenza conferma come l’”emergenza nomadi” e il Piano Nomadi della Capitale abbiano condotto a una serie di azioni che hanno legittimato una sistematica violazione dei diritti umani dei cittadini rom in Italia, aumentandone la condizione di segregazione e marginalizzazione sociale e favorendo l’aumento di stereotipi negativi nei loro confronti. È tempo di ripristinare una condizione di maggior rispetto delle garanzie fondamentali – concludono – a partire dalla cancellazione di tutti i dati sensibili nell’ambito del censimento nomadi”.

EP

 

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