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Profughi. Vita difficile per chi cerca protezione nell’Ue

Viaggi rischiosi per arrivare, attese nei centri di detenzione, insufficienti misure di accoglienza. Rapporto dell’ECRE

11 settembre 2014- Accesso limitato al territorio EU, richiedenti asilo che finiscono in centri di detenzione in alcuni paesi, e accoglienza spesso inadeguata per capacità e condizioni.

Sono  alcuni degli aspetti messi in luce da un rapporto presentato  martedì dal Consiglio Europeo sui Rifugiati e gli Esuli (ECRE). La fotografia del persistente divario tra la teoria del Sistema Comune d’Asilo Europeo (CEAS) e la stridente realtà che affrontano i richiedenti asilo nei 15 Stati Membri dell’Unione Europea analizzati dal rapporto (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Malta, Olanda, Polonia, Svezia e Regno Unito).

Mentre alle porte dell’Europa si moltiplicano i conflitti, chi cerca protezione spesso trova la morte in viaggi sempre più rischiosi per raggiungere l’Europa. Quest’anno sono morte o disperse nel mar Mediterraneo oltre 2.000 persone, nonostante gli sforzi dell’operazione “Mare Nostrum”, che ne ha salvate oltre 100.000.

“Creare più ostacoli ai rifugiati per raggiungere il territorio UE è di solo beneficio per i trafficanti. E’ assurdo che i rifugiati siano costretti a pagare migliaia di euro per raggiungere l’Europa a causa delle politiche restrittive dei visti, di sanzioni e controlli ai confini che impediscono loro di viaggiare legalmente" dice Michael Diedring, Segretario Generale dell’ECRE, al lancio del rapporto “Mind the gap: una prospettiva delle ONG sulle sfide dell’Accesso alla Protezione nel Sistema Comune d’Asilo”. 

“Concordiamo sul fatto che il soccorso in mare nel canale di Sicilia debba essere considerato una responsabilità europea e che gli sforzi italiani nell’operazione “Mare Nostrum” debbano essere supportati dagli altri Stati Membri e dalla stessa Commissione Europea. ”Frontex Plus” per il momento, non sembra andare in questa direzione. Piuttosto punta al rafforzamento dei controlli e della sorveglianza”, sottolinea Christopher Hein, Direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati.

Quei richiedenti asilo che riescono ad arrivare in Europa continuano a dover affrontare ulteriori ostacoli: la detenzione amministrativa durante l’esame della domanda e l’accesso all’accoglienza.

In Ungheria il 26% di tutti i richiedenti asilo e quasi la metà (42%) degli uomini singoli sono detenuti, anche i minori non accompagnati sono trattenuti insieme agli adulti per lunghi periodi, nonostante la legge lo vieti. A Cipro, dove la detenzione riguarda un numero minore di casi, le condizioni sono simili a quelle di una vera e propria prigione: le persone sono detenute in celle sotto uno stretto sistema di sorveglianza, possono trascorrere in luoghi comuni solo poche ore al giorno e vengono ammanettate per trasferimenti all’interno o fuori del centro. In Italia, non è prevista detenzione per richiedenti asilo, che hanno invece libertà di entrare ed uscire dai centri d’accoglienza e di muoversi sul territorio.

Senza accesso all’accoglienza, i richiedenti asilo, che per legge non possono lavorare, sono obbligati a cavarsela come possono per guadagnarsi da vivere.

L’arrivo di decine di migliaia di persone via mare, rappresenta un’enorme sfida operativa e umanitaria per l’Italia, che ha fin qui aumentato il numero dei posti in accoglienza e adibito nuove strutture temporanee. Come risultato, attualmente sono ospitate circa 60.000 persone. Tuttavia, gli standard ricettivi italiani non sono omogenei sul territorio e i centri d’accoglienza sono pressoché al collasso. Il sud Italia sta ospitando circa il 55% dei richiedenti asilo, solo la regione Sicilia più del 25%.

 La deficienza del sistema ricettivo italiano, tuttavia, colpisce maggiormente le persone alle quali è stata già riconosciuta una forma di protezione rispetto a quelle appena arrivate. I rifugiati che non riescono ad accedere al sistema d’accoglienza, si ritrovano di fatto senza alcun supporto e molti cercano di raggiungere altri Paesi europei alla ricerca di migliori condizioni di vita e prospettive di integrazione.

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Parte sull’Italia curata dal CIR
 

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