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Rimpatri col bavaglio. Letizia (Anfp): “Inaccettabili, in casi estremi usare i tranquillanti”

Intervista al Segretario Nazionale dell’Associazione Funzionari di Polizia. “Il nastro adesivo sulla bocca non è previsto dalle procedure. In casi di autolesionismo e violenza serve il supporto dei medici. Troppi diciotto mesi nei CIE”

 

Roma – 19 aprile 2012 – “È un’immagine inaccettabile, che non appartiene alla Polizia di Stato, alle nostre tradizioni. Questi agenti dovranno ben giustificare un atto che a una prima valutazione non trova alcuna giustificazione”.

Così Enzo Marco Letizia, Segretario Generale dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, commenta la foto del migrante imbavagliato dalle forze dell’ordine con il nastro adesivo durante un respingimento, scattata martedì sul volo Alitalia tra Roma e Tunisi da Francesco Sperandeo.

Enzo Marco Letizia (ANFP)
Al migrante sarebbe stata tappata la bocca perché si mordeva le labbra e sputava sangue sugli altri passeggeri…
“Arrivare a mettere un bavaglio non ha alcun tipo di giustificazione. Se i soggetti si mordono e danno altri segni di violenza è meglio far partecipare all’accompagnamento personale medico che, magari con l’autorizzazione della magistratura, possa somministrare dei calmanti per affrontare il viaggio in sicurezza. Questo, però,  deve avvenire assolutamente in una cornice di regole e controlli certi”.

E le fascette di plastica sui polsi?
“Su quelle non c’è nulla da dire, sono previste dai protocolli, così come le cautele da prendere quando si sale sulla scaletta dell’aereo, per evitare che qualcuno si butti giù. Comunque ormai si passa quasi sempre attraverso i gate, quindi questo rischio si riduce”.

A Sperandeo gli agenti avrebbero detto che quella procedura era “normale”. Che ne pensa?
“Che non è affatto normale. È la prima volt che vedo ed è la prima volta che ho notizie di questo tipo di atteggiamento. Nei protocolli non si parla certo dell’utilizzo di nastro adesivo per tappare la bocca agli extracomunitari”.

Qual è il clima che si respira durante un rimpatrio coatto?
“Sicuramente non è un clima rilassato. Stiamo riportando nel suo Paese qualcuno che è partito per fuggire a una situazione di povertà. È chiaro che ci sia molta tensione. Serve attenzione e professionalità ed è giusto prevedere regole particolari quando ci sono soggetti che danno in escandescenza, che praticano forme di autolesionismo o violenza. Nei casi estremi, ripeto, è preferibile la somministrazione di calmanti da parte dei medici”.

Altro fronte caldo è quello dei centri di espulsione. C’è tensione, ci sono rivolte e anche denunce sulle maniere forti utilizzate dalla Polizia.
“La tensione nei centri di espulsione è sempre alta e certo non ha aiutato il prolungamento a diciotto mesi dei tempi massimo di permanenza. Noi crediamo che questo vada ridotto a tre, al massimo sei mesi, anche perché se non si riesce a identificare una persona entro questo termini, probabilmente non si riuscirà a farlo nemmeno dopo. Tra l’altro, in questo modo i centri sono spesso pieni e, se troviamo altri irregolari, magari pericolosi per l’ordine pubblico, non possiamo portarceli, dobbiamo lasciarli andare”.

Elvio Pasca

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