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Test di italiano per gli studenti stranieri, mille varianti

Il 2 settembre la prova di conoscenza della lingua per le aspiranti matricole arrivate dall’estero. Ogni facoltà decide contenuti e modalità 

 

 

 

Roma –  1 settembre 2016 –  Si fa presto a dire “prova di conoscenza della lingua italiana”. Il nome è sempre lo stesso, ma può avere infinite varianti, come sanno bene le ragazze e i ragazzi stranieri arrivati in questi giorni da tutto il mondo per venire a studiare nelle nostre università. 

Queste aspiranti matricole hanno fatto molta strada e anche una bella trafila burocratica, presentando già la scorsa primavera le domande di preiscrizione attraverso i consolati italiani. Ottenuto un visto d’ingresso, hanno fatto le valigie e varcato la frontiera,  ma per sedersi tra i banchi dovranno prima dimostrare che sanno l’Italiano. Come? Dipende. La prova è fissata per tutti il 2 settembre 2016. Contenuti e modalità però variano non solo tra un’università e l’altra, ma tra le singole facoltà in una selva di quiz, dettati e semplici chiacchierate. 

All’università di Bologna, ad esempio, c’è differenza tra facoltà umanistiche e scientifiche. Nelle prime, la prova consisterà in “test linguistico a scelta multipla teso a verificare la conoscenza implicita delle principali strutture grammaticali, la competenza lessicale e la competenza testuale”, al quale seguirà un “colloquio teso a verificare la capacità di comprensione e produzione orale”. Nelle altre ci saranno “lettura e colloquio su un testo scientifico di base in lingua italiana”. 

Alla Bicocca di Milano la situazione è ancora più a macchia di leopardo. Le aspiranti matricole di Giurisprudenza verranno testate sulla “cultura generale”, per quelle di Economia e Statistica sono previste la “Lettura di un articolo in lingua italiana di argomento socio-economico” e la “verifica della comprensione tramite domande e conversazione”, al Dipartimento di Scienze umane chiedono “Elementi di Storia contemporanea”. 

Ognuno fa per sé anche alla Sapienza di Roma. Così, ad esempio, gli aspiranti architetti dovranno fare “un breve dettato”, “leggere in un buon italiano un breve passo di un testo di architettura e, successivamente, spiegare il contenuto con parole proprie”. Per Lettere e Filosofia l’esame, invece, sarà solo orale e consisterà in una “breve conversazione volta a verificare un livello di conoscenza della lingua italiana riconducibile al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento”. 

Continuando l’indagine tra i diversi atenei, la varietà aumenta. Difficile, però, che chi ha scelto caparbiamente di laurearsi in Italia,  nonostante le tante carenze del nostro sistema (borse di studio, alloggi, corsi in lingua inglese e, soprattutto, sbocchi occupazionali), si faccia spaventare da una prova di italiano, qualunque cosa questa voglia significare. 

EP

 

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