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“Troppi cittadini Ue in Gran Bretagna”, Cameron contro la libera circolazione

La lettera a Tusk:  “Diamo sussidi e case popolari solo dopo quattro anni di residenza. Il nostro welfare non deve più essere un richiamo”

 

 

 

Londra – 11 novembre 2015 – “Il Regno Unito crede in un’economica aperta. Ma dobbiamo essere in grado di affrontare tutte le pressioni che la libera circolazione può portare sulle nostre scuole, sui nostri ospedali e sui nostri servizi pubblici. Già oggi, questa pressione è troppo grande”. 

Parte di qui David Cameron per chiedere di mettere seriamente in discussione la libertà di movimento dei cittadini Ue. L’immigrazione, insieme a governance economica, competitività e sovranità, è infatti uno dei quattro temi sui quali il premier conservatore vorrebbe rinegoziare l’appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea. 

In una lettera al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, Cameron spiega che per il suo Paese una crescita di 300 mila immigrati “non è sostenibile”. “Abbiamo fatto molti passi – rivendica  per controllare l’immigrazione extracomunitaria. Ma dobbiamo essere in grado di esercitare un maggiore controllo sugli arrivi dall’interno dell’Europa”. 

Quindi le prime proposte. A cominciare dalla non applicazione della libertà di circolazione ai cittadini dei Paesi che in futuro entreranno nell’Ue “finchè le loro economie non si saranno avvicinate maggiormente a quelle degli Stati Membri esistenti”.

E per i cittadini dei Paesi che sono già nell’Ue? Londra vorrebbe intanto rafforzare e prolungare i divieti di reingresso per i truffatori e per le persone colluse con matrimoni di comodo

Chiede anche di avere più poteri per espellere e non far tornare i criminali o anche prevenirne il primo ingresso. E punta il dito contro le sentenze della Corte di Giustizia Ue che avrebbero “allargato lo scopo della libertà di movimento, in modo da rendere più difficile il contrasto di questo tipo di abusi”. 

Il passaggio su cui però il confronto con gli altri Stati dell’Unione sarà più duro è quello in cui Cameron dice di voler “ridurre l’effetto richiamo che il nostro sistema di welfare può esercitare in Europa”. 

“Abbiamo proposto – ricorda   che le persone che arrivano in Gran Bretagna dall’Ue devono vivere qui e versare contributi per quattro anni prima che possano chiedere sussidi o accedere alle case popolari. E di non mandare all’estero contributi per i figli”

La battaglia di Cameron non sarà facile, e lo sa. Per ora gioca la carta del dialogo: “Capisco quanto questi temi siano difficili per altri Stati Membri e spero di poter discutere queste proposte in modo da poter trovare una soluzione”. Concede che sui dettagli ci sarà una “negoziazione”.

È però ormai chiaro che Londra non considera più inviolabile la parità di diritti dei cittadini comunitari all’interno dei confini dell’Unione.

EP

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