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Cpr per i migranti in Albania, operativo solo 5 giorni: costi record e polemiche politiche

Roma, 25 luglio 2025 – A fronte di appena cinque giorni di effettiva attività nel 2024, il Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Gjader, in Albania, è già al centro di un acceso dibattito politico. Secondo un dossier congiunto di ActionAid e dell’Università degli Studi di Bari, il centro, frutto del protocollo d’intesa tra Roma e Tirana, è stato definito “il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane”.

Il costo giornaliero stimato della struttura è di 114.000 euro, per un totale di 74,2 milioni di euro spesi tramite affidamenti diretti per la sua costruzione (inclusa la struttura di supporto a Shëngjin). Solo l’allestimento di un singolo posto effettivamente operativo avrebbe comportato una spesa di oltre 153.000 euro. Per confronto, nel 2024, il Ctra di Porto Empedocle, in Sicilia, ha avuto un costo di 1 milione di euro per 50 posti, ovvero circa 21.000 euro a posto.

Il Viminale, tuttavia, difende l’iniziativa, definendo l’accordo “un investimento fondamentale” e un “modello da più parti apprezzato in Europa”. Secondo il Ministero dell’Interno, l’accordo con l’Albania rappresenta una “risposta concreta, strutturata ed efficace” per velocizzare i rimpatri e ridurre i costi di accoglienza, anche in vista delle nuove normative europee in materia di asilo e immigrazione.

Ma i numeri forniti dal rapporto sollevano forti critiche. Solo per i servizi di ospitalità e ristorazione delle forze di polizia italiane presenti in Albania, lo Stato avrebbe speso circa 528.000 euro.

La segretaria del Pd, Elly Schlein, chiede le scuse pubbliche della premier Giorgia Meloni, parlando di “un insulto agli italiani”. Dura anche la reazione di Avs, con Bonelli e Fratoianni, che parlano di “fallimento annunciato”. Il vicepresidente di Italia Viva, Davide Faraone, definisce i Cpr albanesi “i più costosi della storia”, mentre il leader di +Europa, Riccardo Magi, accusa il governo di “bruciare centinaia di milioni”.

Il Ministero dell’Interno, in replica, sottolinea che il sistema di accoglienza ereditato nel 2022 costava all’Italia oltre 4 milioni di euro al giorno, con una spesa “in costante aumento negli anni precedenti”.

Nel frattempo, ActionAid e l’Università di Bari denunciano un dato importante: nel 2024 si è registrato il minimo storico di rimpatri degli ultimi dieci anni. Solo il 41,8% (pari a 2.576 persone) su 6.164 entrate nei centri di detenzione per migranti è stato effettivamente rimpatriato.

Attualmente, in Italia esistono 11 Cpr, con una capienza ufficiale di 1.522 posti, cui si sommano 1.033 posti nei tre Ctra per richiedenti asilo, per un totale teorico di 2.555 posti. Tuttavia, le strutture funzionano solo al 46% della capacità.

L’utilizzo della detenzione come strumento della politica d’asilo rappresenta un cambio di paradigma epocale – afferma Giuseppe Campesi, docente dell’Università di Bari – che solleva gravi interrogativi in merito ai diritti fondamentali delle persone detenute”.

In chiusura, il dossier rivela che nel solo 2024, il sistema detentivo per stranieri in Italia è costato quasi 96 milioni di euro, più dell’intera spesa registrata nei sei anni precedenti, che ammontava a poco meno di 93 milioni.

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