in

Ddl in Senato. Sì al velo, ma solo se lascia il volto scoperto

Il testo presentato da un gruppo di senatrici del centro-sinistra. Baio: "Vogliamo garantire la sicurezza, ma anche la libertà religiosa"

ROMA – Musulmane in Italia libere di velarsi il capo in pubblico, ma non al punto da coprirsi il volto diventando irriconoscibili.

Un disegno di legge presentato a Palazzo Madama all’inizio del mese e assegnato martedì scorso alla commissione affari costituzionali cerca un punto di equilibrio, o meglio un compromesso, tra il rispetto delle diversità culturali e religiose e le norme sulla sicurezza. A firmarlo un gruppo di senatrici del centro-sinistra tra le quali l’ulivista Emanuela Baio, Franca Rame (Italia dei Valori) e la verde Loredana De Petris.

Nel dibattito sul velo entra in gioco la Costituzione, che tutela l’uguaglianza e la libertà di professare liberamente la propria religione, ma anche la legge 152/1975 dedicata all’ordine pubblico. Questa vieta qualunque "mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo" (art. 5).

Il problema è capire se cultura o religione sono "un giustificato motivo". Il ministero dell’Interno con una circolare del 2000 ha dato il va libera a veli e turbanti , considerati "parte integrante degli indumenti abituali", che concorrono "ad identificare li indossa, naturalmente purchè mantenga il volto scoperto". Ma come regolarsi con il burqa, che il volto lo copre completamente?

Sempre il Viminale, rispondendo nel 2004 a un quesito posto da un comando di polizia municipale, ha scelto la linea morbida, chiarendo che l’identificazione da parte delle forze di polizia deve scattare solo se c’è un "giustificato motivo di allarme", altrimenti potrebbe apparire come inutilmente vessatoria. Ma l’applicazione del divieto a coprirsi il volto finora è delegata per lo più ai singoli comuni, e non di rado risente del colore politico della giunta (basti pensare alle ordinanze antiburqa varate da alcuni sindaci leghisti).

Il ddl presentato in Senato dovrebbe chiarire la situazione una volta per tutte. Aggiungendo un solo comma alla legge 152/1975: "Negli istituti scolastici pubblici e parificati, di ogni ordine e grado, in tutti i luoghi pubblici o aperti al pubblico, i segni e gli abiti che, liberamente scelti, manifestino palesemente l’appartenenza religiosa dei soggetti, devono ritenersi parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad identificare chi li indossa, a condizione che la persona mantenga il volto scoperto e riconoscibile". Insomma velo sì, burqa no.

"Vogliamo garantire la sicurezza propria e altrui e vogliamo anche ribadire la libertà di professare la propria religione e quindi di indossare tutti i simboli che la rappresentano, quindi nel caso delle donne musulmane, se lo vogliono, anche il velo" spiega a Stranieriinitalia.it la senatrice Baio. "In fondo – sottolinea – sicurezza e integrazione sono un percorso possibile".

Scarica
Ddd 1543 "Modifica alla legge 22 maggio 1975, n. 152, in materia di tutela dell’ordine pubblico"

(31 maggio 2007)

 

Elvio Pasca

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]

Ferrero: “In estate finiremo le pratiche del decreto flussi 2006”

Università. Lunedì 4/6 chiudono le preiscrizioni per gli studenti extraue