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Agricoltura. Decreto Flussi, click day per le aziende fissato al 23 marzo ma numeri ancora insufficienti

Roma, 28 febbraio 2023 – Quest’anno, così come gli anni scorsi, il Decreto Flussi è arrivato in ritardo rispetto alle necessità degli imprenditori. Lo stesso vale per il click day. E a soffrirne sarà ancora una volta il settore agricolo, un settore nel quale l’allarme di carenza di manodopera è alto da tempo. Non è tutto: le quote predisposte dal governo continuano a non essere sufficienti, e non rappresentano assolutamente il fabbisogno di operai. Oltre a questo, poi, c’è la questione della burocrazia che a sua volta allunga ancora di più i tempi. Tempi che, però, non possono essere attesi dall’andamento delle stagioni e delle raccolte.

decreto flussi

Decreto Flussi, click day fissato per il 23 marzo

Per il 2023 il numero di ingressi previsto dal Decreto Flussi è stato leggermente alzato, ma nonostante questo le cifre non sono ancora quelle necessarie a coprire il fabbisogno. Un chiaro esempio è la Lombardia. In questa regione, infatti, possono arrivare circa un migliaio di lavoratori extracomunitari. La Lombardia, però, è il primo territorio italiano in termini di agricoltura. E’ lì infatti che si produce il 37% del latte nazionale, il 42% del riso e il 40% dei prodotti suinicoli. È prima anche per superficie dedicata all’agricoltura con il 69% del territorio occupato da attività agricole, per un totale di 50mila aziende attive. Anche a un occhio inesperto è chiaro che circa mille lavoratori extracomunitari non sono sufficienti. E’ ovvio quindi che il Decreto Flussi garantisce solamente una piccola parte di tutti i braccianti stranieri che lavorano nelle campagne lombarde. In termini di numeri, circa un decimo.

“Da noi, nel Pavese, la grande differenza c’è stata quando la Romania è entrata nell’Unione europea e i suoi cittadini hanno potuto circolare liberamente. Oggi non c’è azienda agricola dove non lavori almeno un bracciante rumeno. Prima nei campi arrivavano molti marocchini, ma ora preferiscono lavorare nell’edilizia. Nel Pavese c’è anche una nutrita comunità indiana, che si occupa della zootecnia, mentre a raccogliere la verdura vengono chiamati parecchi ragazzi nigeriani. Nelle risaie, invece, lavorano i cinesi”, ha infatti spiegato a Il Sole 24 Ore Giuseppina Cannavò, responsabile dell’ufficio paghe della Coldiretti Pavia. Oltre agli ingressi previsti dal Decreto Flussi, quindi, ci sono altre vie d’accesso per i lavoratori extracomunitari.

“Chi sbarca in Italia e ha diritto all’asilo politico, dopo 90 giorni dall’arrivo ha anche automaticamente il permesso per lavorare. Poi ci sono gli altri lavoratori che hanno già il permesso, e quelli che sono stati regolarizzati dalla sanatoria del 2020. Soltanto a Pavia ne abbiamo sanati 1.500”.

Non dimentichiamoci degli ucraini scappati allo scoppiare della guerra: per loro infatti sono stati previsti dei permessi di soggiorno e di lavoro in via agevolata. A tutto questo, poi, bisogna aggiungere la quota del lavoratori in nero. Secondo i dati del settore vigilanza Inps, a livello nazionale la percentuale dei lavoratori irregolari in agricoltura è pari al 38% (contro il 33% in edilizia, il 27% nell’industria e il 21% nel terziario), con 88 lavoratori in nero ogni 100 aziende.

Coldiretti Pavia: “Burocrazia troppo lunga”

Un altro problema è la burocrazia. “Le aziende devono dimostrare di avere sufficiente fatturato per pagare gli stipendi dei braccianti, e servono anche i documenti della casa dove il lavoratore andrà ad abitare per il tempo del contratto. Occorre il numero di passaporto della persona chiamata e bisogna accordarsi sul luogo dove fargli spedire il nullaosta per entrare in Italia, una volta che la pratica è andata a buon fine. Per l’Albania, ad esempio, spediamo le pratiche all’ambasciata italiana a Tirana, in altri Paesi i documenti transitano attraverso il governo centrale oppure le prefetture”, ha sottolineato inoltre Cannavò.

Analizzando i dati del 2022, poi, tramite la quota di ingressi gestita direttamente dalle associazioni degli agricoltori sono state lavorate 102 domande per le province di Como, Lecco e Sondrio, 43 per la provincia di Brescia, 38 per Pavia, 27 per Cremona, 10 per Bergamo, un centinaio per Mantova e 3 per Milano. Per il 2023, invece, il click day per presentare la richiesta è previsto per il 23 marzo. A marzo, però, molte raccolte sono già iniziate, e le aziende sono già organizzate per i prossimi mesi. Questo significa che ancora un volta il Decreto Flussi è arrivato troppo tardi. “Nel 2022 con le domande fatte a marzo, i lavoratori sono arrivati ad ottobre. Così le imprese hanno dovuto usare la manodopera che era già in Italia.

Nella Bergamasca ha funzionato il passaparola tra parenti e amici. Nelle vigne del Pavese, per colpa delle grandinate molte aziende non hanno raccolto affatto. Altre si sono rivolte alla manodopera polacca, che è comunitaria, poi c’erano gli ucraini scappati dalla guerra. Ora la Coldiretti ha sottoscritto l’accordo con il ministero degli Interni grazie al quale tutte le domande per il decreto Flussi fatte attraverso l’associazione hanno la priorità: mi aspetto che quest’anno, con le domande che si aprono a marzo, i lavoratori arriveranno quasi subito”, ha infatti ribadito in conclusione Cannavò.

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