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Gli est europei festeggiano la primavera

Un intreccio di fili bianchi e rossi porta buona salute, fortuna e benessere. E’ la tradizionale festa del mese di marzo, amata da bulgari, romeni, russi e moldavi

Roma – 28 febbraio 2008 – Il mese di marzo si apre con una festa tutta slava, comune a tanti popoli dell’est Europa. Bulgari, romeni, russi, moldavi, festeggiano l’avvicinarsi della primavera. Baba Marta (Nonna Marta) in Bulgaria, 1Martie in Romania, il nome di questa ricorrenza cambia da Paese a Paese, ma deriva ovunque dal termine usato per indicare il mese di marzo.

La tradizione vuole che ognuno indossi una spilla fatta di fili bianchi e rossi, chiamata “martenitsa”, “martisor”, “mertišor”. Le sue forme sono varie, adatte a ogni età. Può essere un braccialetto, una collana, una decorazione o una spilla che rappresenta le cose più diverse – fiori, animali, cuori – e può essere fatta di stoffa, di plastica o di vetro. In Bulgaria la tradizionale e più famosa “martenitsa” è quella di Pijo e Penda, due pupazzi, maschio e femmina, generalmente vestiti con abiti tradizionali, e rigorosamente bianchi e rossi.

Questo tanto amato “gingillo”, che nessuno si fa mancare con l’ingresso nel mese di marzo, porta salute, benessere, vitalità, armonia e generalmente viene regalato ai propri parenti e amici. Si crede che chi lo indossa godrà dei suoi benefici per tutto il resto dell’anno. Si tratta di un’antica tradizione pagana, conservata nei secoli con qualche variante a seconda della regione. Festeggiare l’arrivo della primavera è anche un modo per cacciare via il freddo invernale che nei paesi est-europei spesso crea molti disagi e non è particolarmente amato. Ma se si cercassero le radici della festività, si finirebbe per imbattersi in leggende diversissime l’una dall’altra. Una di esse vuole che ci sia di mezzo Marte, dio della natura prima e della guerra poi.

Sembra che molte battaglie iniziassero agli inizi di marzo e quando i soldati lasciavano la casa, le loro mogli erano preoccupate. Per questo decisero di dare ai loro uomini piccoli portafortuna di colore bianco e rosso che ricordasse ai guerrieri le loro famiglie. Ecco perché ancora oggi il simbolo più noto della martenitsa (martisor) sono un maschio e una femmina fatti di stoffa. Il colore rosso rappresentava il sangue che le donne speravano non venisse versato, e il bianco il colore pallido dei loro volti in attesa che i mariti ritornassero.

Molte e differenti sono anche le usanze. In Romania, il martisor si deve indossare per nove giorni e ognuno fa un gioco per stabilire, attraverso la propria data di nascita qual è la sua data dal 1 al 9 marzo. Se in quel giorno c’è il sole, soleggiato e positivo sarà anche il resto dell’anno per quella persona, viceversa se è brutto tempo, ci sono meno speranze di avere un anno proficuo. In Bulgaria invece la martenitsa si indossa fino all’apparire della prima rondine. E dopo si appende sugli alberi, i cui rami, alla fine di marzo, sono ornati di tanti fili bianchi e rossi. E non è strano vederli anche in Italia. Perché i parenti rimasti in patria non dimenticano di spedire una martenitsa o un martisor ai propri cari, che sempre più spesso allargano la tradizione al coniuge e agli amici italiani.

A.I.

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Rassegna immigrazione 28/02/2008