Bruxelles, 23 luglio 2025 – Il ricongiungimento familiare per i migranti è sempre più messo in discussione. In Belgio, il Parlamento ha approvato una riforma restrittiva che modifica in profondità le regole per i cittadini stranieri che desiderano far arrivare i propri familiari. Una decisione che si inserisce in un trend europeo sempre più orientato alla limitazione delle vie legali per l’ingresso dei migranti.
Secondo il nuovo disegno di legge, i rifugiati avranno solo sei mesi di tempo per presentare domanda di ricongiungimento familiare, mentre i beneficiari di protezione sussidiaria dovranno attendere due anni prima di poter inoltrare la richiesta. Si tratta di tempi fortemente ridotti rispetto al passato, che rischiano di rendere il ricongiungimento praticamente inaccessibile per molte famiglie.
Ad aggravare la situazione, l’aumento dei requisiti economici: il reddito minimo richiesto per fare domanda sale da 2.100 a 2.300 euro netti al mese, con un incremento del 10% per ogni familiare aggiuntivo. Un richiedente che desideri ricongiungersi con il coniuge e due figli dovrà quindi guadagnare almeno 2.700 euro mensili. “Una cifra che molti lavoratori belgi non riescono a raggiungere”, ha dichiarato Thomas Willekens, policy officer dell’Ong Vluchtelingenwerk Vlaanderen.
Anche il costo della naturalizzazione subirà un forte aumento: da 150 a 1.000 euro, rendendo ancora più difficile l’accesso alla cittadinanza per chi vive e lavora legalmente nel Paese.
A difendere la stretta è la ministra per l’Asilo e la Migrazione Anneleen Van Bossuyt, del partito nazionalista fiammingo, secondo cui “la nostra società non è più in grado di sopportare questo peso”. I dati dell’Ufficio Stranieri parlano di oltre 20.000 ingressi nel 2023 tramite il ricongiungimento familiare da Paesi extra-UE.
Le Ong denunciano le nuove misure come un ostacolo mascherato all’unità familiare, avvertendo che potrebbero spingere i migranti nelle mani dei trafficanti. “Chi non può più accedere a un canale sicuro e legale cercherà soluzioni pericolose”, afferma ancora Willekens.
Ma l’impatto non è solo legale o economico: queste restrizioni compromettono anche l’integrazione dei rifugiati, rendendo difficile “imparare il fiammingo e costruire una vita stabile se sei costantemente preoccupato per la tua famiglia rimasta in zone di guerra”.
Il Belgio non è un caso isolato: anche Germania, Austria e Portogallo stanno procedendo verso una stretta analoga. Berlino ha sospeso il ricongiungimento per chi ha la protezione sussidiaria, Vienna ha congelato per sei mesi l’esame delle domande, Lisbona ha adottato nuove restrizioni. Una tendenza continentale che, secondo molti osservatori, mina le vie legali e alimenta l’irregolarità.


