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Karima Moual: “Informazione per accorciare le distanze”

La giornalista di origine marocchina: “Ho voluto rafforzare la mia doppia identità per raccontare meglio l’Italia che cambia”

Roma – 25 gennaio 2013 – Firma del Sole 24 ore, anche attraverso il blog ZMagria, telegiornalista, autrice di documentari. Karima Moual ci racconta il suo percorso.

Il mio Marocco.  "Ho un ricordo meraviglioso della mia infanzia. Sono cresciuta con i miei nonni in Marocco, mentre i miei genitori lavoravano in un piccolo paese piemontese ed organizzavano il nostro ricongiungimento. Ho vissuto a Casablanca fino a nove anni, l'età in cui ogni bambino stabilisce le sue radici. E' quel periodo trascorso così serenamente con la mia famiglia che mi ha permesso di mantenere un buon rapporto con le mie origini e non vivere male la distanza con i miei genitori".

Su al nord. "Uno dei ricordi che conservo del mio arrivo in Piemonte è la scuola. Durante l'ora d'inglese mi assegnavano compiti e conversazioni sul Marocco e sulla cultura araba, islamica. Pensando di facilitarmi il compito, invece mi metteva solo in difficoltà. Ero piccola non ero in grado di spiegare le cose in maniera dettagliata".

"Sono cresciuta tra la curiosità delle persone,  questo ha fatto maturare in me la consapevolezza di essere Karima con un doppio bagaglio culturale. Perché erano le persone che mi ricordavano chi ero e da dove venivo. Spesso mi sentivo messa alla prova e quelle domande pretendevano delle risposte. In un momento particolare della mia vita, ho capito che la cosa più giusta da fare era rafforzare la mia doppia identità".

Roma. "Dopo la maturità decisi di studiare Lingue e Civiltà Orientali a Roma. Cambiare città ha rappresentato un nuovo inizio. Prima di tutto fu una mia scelta, a differenza di quelle fatte in passato dai miei genitori. Qui mi sono sentita libera, non ero più l'unica straniera e potevo mimetizzarmi tra la gente, la comunità marocchina nella città in cui vivevo era molto radicata, ci conoscevamo tutti. A Roma ho iniziato il mio progetto di vita".

Il primo articolo. "L'approccio al giornalismo è stato del tutto casuale. Quando andavo a lezione di arabo in facoltà spesso si sedeva accanto a me una ragazza, che poi ho scoperto essere una giornalista di Repubblica. Un giorno ci siamo trattenute a chiacchierare e mi parlò di un progetto che il suo giornale stava per realizzare per il quale cercavano persone di origine straniera".

“Solo l'idea di scrivere per un vero giornale mi terrorizzava. Ricordo che il primo articolo l'ho scritto e riscritto almeno tre volte. Per me era una cosa nuova e soprattutto rappresentava una grande responsabilità verso la mia lingua madre, che in quell'occasione scoprii essere l'italiano. Il progetto mi appassionava, scrivere mi piaceva molto e, passati i timori iniziali, oggi scrivere è il mio mestiere.

“Da quell’esperienza è nata la mia esigenza di raccontare, di spiegare. Mi sono sentita come un’ intermediaria, con il compito di accorciare le distanze tra il mondo dell'immigrazione e gli italiani. Ho avuto la sensazione di essere utile attraverso la mia partecipazione e questo mi ha sempre dato tanta soddisfazione".

La TV. "Ho collaborato con alcune trasmissioni televisive tra cui "Tetris" su La 7, mentre per la Rai ho curato diverse rubriche, ho partecipato al TG1 e al programma "Cominciamo bene". Attualmente, ogni giovedì ho uno spazio all'interno di Uno Mattina in cui  selezioniamo una parola, interpretata da diversi esperti e la mia chiave di lettura è il linguaggio interculturale".

"Ho scelto questo percorso perché consapevole dell'importanza dell'immagine. Oggi l'immigrato in tv viene sempre interpretato come lo "sfigato". La televisione è lo specchio della società e ha anche il compito di educarla, per fare questo deve fare degli sforzi e smettere di comunicare una realtà mal interpretata. Personalmente sono stata accolta bene dal mondo del piccolo schermo, ma bisogna anche saper fare un buon lavoro che vada nel senso giusto e raccontare all'Italia la verità.

Anche Islam.  "Non mi occupo solo di immigrazione o di seconde generazione, Islam è un aspetto a cui tengo molto e sento che è mio dovere comunicarlo in modo migliore. Soprattutto dopo l'11 Settembre, io ero all'università  e in quel periodo arrivavano messaggi fuorvianti e sentivo che dovevo fare qualcosa, raccontare l'Islam nella sua complessità e dare un contributo alla sua interpretazione attraverso la scrittura, ma anche attraverso documentari come "Haram (peccato)".

"Il mio auspicio per il futuro? Che le redazioni giornalistiche siano sempre più composte da nuovi italiani, per dare un vero contributo alla conoscenza".

Samia Oursana
 

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