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“Kyenge orango”, il Senato salva (di nuovo) Calderoli dal processo per razzismo

Via libera solo al giudizio per diffamazione. Opinioni insindacabili di un parlamentare? In parte sì, in parte no. E lui: “Non fui razzista, ho detto una sciocchezza, facevo la chemio…”

 

 

Roma – 16 settembre 2015 – Roberto Calderoli va giudicato in un’aula di tribunale per aver chiamato “orango” Cècile Kyenge? Con una capolavoro di ambiguità, stamattina il Senato ha risposto “ni”. E cioè: può essere processato solo come diffamatore, non come razzista. 

Nuovo episodio di una storiaccia che si trascina dall’estate del 2013. Calderoli, big della Lega Nord e vicepresidente del Senato, dal palco di una festa di partito a Treviglio insultò l’allora ministra dell’integrazione: “Quando viene fuori la Kyenge resto secco. Io sono amante degli animali, però quando vedo uscire delle sembianze da orango, io resto ancora sconvolto”.

Quelle parole fecero il giro del mondo e l’Italia fece la figura di un Paese razzista, dove un politico di alto rango poteva paragonare una donna nera a una scimmia. Quando i riflettori si spensero, non si fermò il lavoro dei magistrati, visto che la procura di Bergamo chiese e ottenne il rinvio a giudizio di Calderoli per “diffamazione aggravata da finalità di discriminazione razziale”. 

La procura, visto che Calderoli è senatore, dovette però anche chiedere  a Palazzo Madama se quelle parole furono “opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni” e quindi non processabili. La Giunta delle immunità, clamorosamente anche grazie ai voti del PD, lo scorso febbraio ha deciso che fu proprio così. 

Calderoli quindi mentre insultava Kyenge stava facendo il suo mestiere e quindi non può essere processato? Stamattina, la parola è passata all’aula del Senato, chiamata ad approvare la decisione della Giunta. E i senatori hanno deciso, in maniera piuttosto irrituale, di fare due votazioni separate: una sulla diffamazione, una sull’aggravante del razzismo. 

È successo così che i colleghi di Calderoli lo hanno salvato a metà. Per quanto riguarda l’accusa di diffamazione, non hanno infatti fatto valere l’”insindacabilità” e quindi hanno dato il via libera al processo, invece non hanno autorizzato la magistratura a procedere per razzismo. Insomma quegli insulti furono libere e insindacabili opinioni di un parlamentare? Un po’ sì un po’ no, fate voi. 

Prima del voto è intervenuto anche Calderoli. “La mia battuta – ha detto – era ed è sicuramente censurabile e sono il primo a riconoscerlo ma tirare in ballo l’istigazione all’odio razziale mi sembra francamente eccessivo. Ho detto una sciocchezza di cui mi sono pentito, scusato, stra scusato”. 

“Ho detto una sciocchezza – ha ribadito il leghista -ma l’ho detta in un agone politico e in condizioni fisiche e mentali che non erano certo quelle ideali. Stavo facendo la chemioterapia e, quando fai la chemio, a segno con la testa non lo sei e la stupidata magari è più facile che ci scappi”.

Stranieriinitalia.it

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