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Naufraghi a Lampedusa: “Settanta morti in mare”

Il racconto di cinque sopravvissuti: "Nessuno ci ha soccorso". Boldrini (Unhcr): "Vuoti a perdere" Roma – 20 agosto 2009 – Una nuova, immane tragedia si sarebbe consumata nei giorni scorsi nel Canale di Sicilia, secondo il racconto di cinque eritrei soccorsi questa mattina a circa 12 miglia a sud di Lampedusa dalla Guardia di Finanza.

Gli immigrati, tra i quali anche una donna e un minore, hanno detto che una settantina di persone partite con loro dalle coste africane sarebbero morte durante la traversata, durata più di venti giorni. Secondo la loro testimonianza, avrebbero anche incrociato altre imbarcazioni, che però non li hanno soccorsi. La Guardia di Finanza sta vagliando il loro racconto e non esclude errori di traduzione.

"Il nostro personale del centro di contrada Imbriacola di Lampedusa sta prestando le prime cure a queste persone. Sono ancora scioccati, hanno raccontato dei compagni morti durante la traversata, dei corpi senza vita scaricati man mano in mare, delle scorte che inesorabilmente finivano senza che si avvistasse terra" ha detto all’agenzia di stampa Misna Aldo Morrone, direttore dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà. 

Si ipotizza un errore di rotta o un’avaria, e i naufraghi  hanno bevuto acqua marina. Secondo Morrone, una prima conferma del loro racconto arriverebbe dalla stazza del barcone, "sicuramente in grado di ospitare 80 persone".

"È allarmante che per oltre venti giorni queste persone abbiano vagato nel Mediterraneo senza che nessuna imbarcazione le abbia soccorse" commenta Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati. "È un triste primato. È come se stesse prevalendo la paura di aiutare sul dovere di soccorrere chi è in difficolta’ in mare. È come se fosse passato il messaggio: Chi arriva via mare è un vuoto di perdere".

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