(ANSA) – PALERMO, 18 MAG – "Sono contento per l’esito del processo, ma continuo a provare rimorso per tutti quei morti". A parlare telefonicamente da Londra, in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano Malta Today, è l’armatore pachistano Turab Ahmed Sheik, 46 anni, assolto il 9 maggio scorso dalla Corte d’Assise di Siracusa dall’accusa di omicidio volontario plurimo. L’uomo, residente a Malta, è stato indicato come l’organizzatore della tragica traversata della notte di natale del 1996 nella quale persero la vita 283 clandestini a largo di Porto Palo di Capo Passero. La più grande tragedia nella storia dell’immigrazione irregolare nel Mediterraneo dal dopoguerra. Thurab Ahmed Sheik ammette parzialmente le sue responsabilità, ma nello stesso tempo si difende. Spiega che quella tragica notte non partì con una vecchia "carretta" inglese dal porto di Marsaxlokk, proprio a causa del mare forza 9. I suoi complici, il maltese Marcel Barbara ed il Capitano Greco Dionisios Avgerinou, decisero invece di salpare egualmente per trasportare gli immigrati dalla "nave madre" Yiohan verso le coste siciliane. Ma durante le operazioni di trasbordo il mercantile urtò il barcone, che colò a picco in pochi secondi. "Quella notte – racconta l’armatore – feci di tutto per convincere Barbara ed Avegerinou, morti anche loro nel naufragio, a non sfidare il mare in tempesta. Ma tutto ciò non serve a placare il rimorso per una strage che forse avrei potuto evitare". Turab Ahmed Sheik, che da un anno si è rifugiato a Londra, non sa se farà ritorno a Malta, ma assicura di essere pronto a collaborare con gli inquirenti per fare piena luce sulla tragedia. Per la strage di Natale, oltre a quello di Siracusa che si è appena concluso in primo grado, è in corso un altro processo a Catania in cui è imputato comandante della Yiohan, Youssef El Alal. I corpi dei 283 extracomunitari – tra pachistani, cingalesi e indiani – non sono mai stati recuperati. Il relitto dell’imbarcazione affondata, che aveva come unico segno identificativo la sigla F-174, fu individuato solo il 13 giugno del 2001 grazie alla caparbietà di un giornalista, l’inviato del quotidiano "La Repubblica" Giovanni Maria Bellu, che attraverso le indicazioni di un pescatore di Porto Palo e con l’ausilio di un robot sottomarino raccolse le prove fotografiche di quello che era stato definito un "naufragio fantasma" per mancanza di prove tangibili su quanto era avvenuto. (ANSA).
(18 maggio 2007)