Ma è così solo in casi particolarmente gravi e a determinate condizioni. Per la maggior parte degli sfruttati, la denuncia apre la strada all’espulsione
Roma – 26 novembre 2010 – “Io invito davvero tutti coloro che sono sfruttati, in particolar modo i cittadini extracomunitari, a denunciare i datori di lavoro che li sfruttano. Nella legge Bossi-Fini c’è la possibilità, per questo motivo, di ottenere il permesso di soggiorno”.
Lo ha detto oggi il ministro dell’Interno Roberto Maroni, a Brescia per il rinnovo di un patto sulla sicurezza, rispondendo a una domanda sul lavoro nero. Una dichiarazione che però ha bisogno di qualche corollario, altrimenti rischia di diventare una trappola per centinaia di migliaia di clandestini. Un trampolino di lancio per altrettante espulsioni.
Il permesso di soggiorno di cui parla Maroni è il permesso per “protezione sociale”, che secondo l’articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione può essere concesso dalla Questura, in accordo con la Procura, solo in casi molto limitati. Tra le altre cose è necessario che “siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero” e che “emergano concreti pericoli per la sua incolumità”, perché tenta di sfuggire a un’organizzazione criminale o a causa delle dichiarazioni che ha fatto durante le indagini o in un processo.
Con regole così stringenti, il permesso per protezione sociale finora è stato concesso a prostitute che sfuggono al racket e (meno) alle vittime del caporalato in agricoltura. Se non cambia la legge, non c’è la possibilità di estenderlo a tutta la categoria degli stranieri sfruttati, come ad esempio gli ormai famosi “truffati della sanatoria”.
Ricapitolando: un lavoratore senza permesso di soggiorno impiegato in nero e sottopagato in una qualunque famiglia o impresa italiana è un lavoratore sfruttato? Sì. Questo gli dà diritto al permesso di soggiorno per protezione sociale? No. Anzi, se denuncia il suo datore di lavoro alla Polizia, guadagna subito un’espulsione. Con buona pace dell’appello di Maroni.
Anche a rischio di essere ripetitivi, ecco una nota diffusa oggi dal Naga, associazione di volontariato milanese, “per evitare gravi conseguenze sulla vita dei cittadini stranieri”.
“Sentiamo la necessità di chiarire con urgenza – scrive il Naga – che, secondo l’applicazione attuale e prevalente della normativa, se un cittadino straniero ancora in fase di emersione denuncia il datore di lavoro o il soggetto che lo ha truffato, non ottiene automaticamente un permesso di soggiorno. Rischia invece di ricevere un’espulsione dal territorio nazionale e addirittura una denuncia a suo carico per aver aggirato le norme sull’emersione”.
Elvio Pasca