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“Il divieto di burqa? Lede i diritti umani e fa il gioco degli xenofobi”

L’allarme di Thomas Hammarberg, commissario ai diritti umani del Consiglio D’Europa. “Si colpiscono le donne e si svia l’attenzione dai problemi reali della convivenza”

Roma – 21 luglio 2011 – “L’islamofobia continua a minare la tolleranza in Europa. Un sintomo è il dibattito sul divieto di indossare burqa e niqab nei luoghi pubblici”. È l’accusa lanciata da Thomas Hammarberg, commissario ai diritti umani del Consiglio D’Europa, secondo il quale le battaglie contro il velo integrale  penalizzano le poche donne che lo  indossano e sviano l’attenzione dai veri problemi della convivenza.

La riflessione di Hammarberg arriva a pochi mesi della legge antiburqa francese, e alla vigilia dell’entrata in vigore di quella belga, che prevede anche il carcere per le donne che indossano il velo. “Intanto – ricorda – in Austria, Danimarca, Olanda e Svizzera si chiedono provvedimenti simili. E nell’Italia settentrionale una vecchia legge antiterrorismo è stata usata da alcune autorità locali per punire le donne col velo integrale”.

Uno degli argomenti più usati, sottolinea il commissario per i diritti umani, è che questi divieti aiuterebbero le poche donne velate in Europa a liberarsi. “È più probabile che queste leggi, che si rivolgono chiaramente ai fedeli di una religione, stigmatizzino ulteriormente queste donne e portino alla loro emarginazione dalla società. Mettere al bando le donne con il burqa o il niqab da ospedali e uffici pubblici finirà solo per far loro evitare questi posti”.

Anche un’indagine della Open Society Foundation testimonia  che da quando in Francia è iniziato il dibattito sul velo sono aumentate le aggressioni, (soprattutto verbali, ma anche fisiche) contro le donne che lo indossano. Il risultato è che  queste donne ora escono di meno.

“Di fatto – denuncia  Hammarberg –  il bando può rivelarsi contrario agli standard europei sui diritti umani, in particolare al rispetto della vita provata e dell’identità personale. In linea di principio, lo Stato dovrebbe evitare di legiferare su come ci si deve vestire” .  Il commissario ammette che ci sono situazioni particolari, di interesse collettivo, perché gli individui si facciano identificare. Ma nota anche che “non ci sono segnalazioni  di seri problemi di questo tipo riguardo alle poche donne che normalmente indossa un burqa o un niqab”.

Ogni regime che costringe le donne al velo integrale è “assolutamente repressivo e non può essere accettato”. Ma il problema, secondo il commissario, “non si risolve colpendo le donne”. Intanto, però, “il modo in cui il vestito di poche donne è stato dipinto come un problema chiave che richiede una discussione e una legislazione urgente è una triste capitolazione ai pregiudizi degli xenofobi. Ques i– riflette Hammarberg – non vengono certo colpiti quando altri adottano la loro terminologia e i loro atteggiamenti”.

Il Commissario per i diritti umani conclude che “problemi più profondi relativi a  tensioni e gap interculturali sono stati sviati dalle discussioni su burqa e niqab. Piuttosto che incoraggiare queste infelici dissertazioni, leader politici e governi dovrebbero essere più risoluti contro l’odio e le discriminazioni che colpiscono le minoranze”.

EP

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