Lo sfogo di Angiolo Marroni contro l’aumento dei tempi di permanenza nei Cie: “Fallimento della politica d’integrazione”.
Roma, 9 agosto 2011 – “Con la conversione in legge del decreto che prevede l’aumento dei tempi di permanenza nei Cie fino a 18 mesi, il Parlamento ha trasformato queste strutture da Centri di accoglienza per disperati in vere e proprie carceri”.
E’ questa la dura osservazione del Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, che ha commentato la conversione in legge del Decreto 89 del 2011.
Nella sua analisi il Garante si è detto convinto che gli scontri e le rivolte accaduti degli ultimi giorni nei Cie e nei Cara di tutta Italia siano “il segno di un clima di esasperazione che diventa sempre più ingovernabile e che genera situazioni d’intolleranza e di violenza sempre più acute, segnali dell’alta tensione determinata da un senso di profonda ingiustizia motivata dalla consapevolezza di essere trattati come detenuti senza aver commesso alcun reato”.
E’ questo il caso, secondo il Garante, delle donne immigrate trattenute a Ponte Galeria che non hanno nessun precedente penale e che spesso provengono da situazioni di sfruttamento e riduzione in schiavitù.
”Dopo le urgenti misure varate a giugno – spiega Marroni – il Parlamento ha avallato una linea politica molto dura in tema di immigrazione”, che appare in contrasto dell’emergenza umanitaria che si sta consumando in questi giorni.
“Questa nuova normativa farà diventare le condizioni di vita nei Cie sempre più pesanti e la possibilità di trattenimento degli ospiti fino a 18 mesi e’ un ulteriore passo verso un imbarbarimento inaccettabile nel modo di affrontare le problematiche legate ai flussi migratori del Mediterraneo”.
Secondo il Garante, nonostante gli enormi sforzi da parte di chi gestisce i centri e dell’ufficio immigrazione della questura che in questi giorni è sempre più sovraccarico di lavoro, le strutture devono quotidianamente confrontarsi con le difficoltà e le lentezze burocratiche come “l’inerzia dei consolati che non rispondono o lo fanno con molto ritardo alle richieste di riconoscimento della nazionalità, condizione vincolante al rimpatrio” ha rimproverato Marroni.
“Tutto ciò – conclude Marroni – è incoerente con i principi di convivenza civile, di tolleranza e di solidarietà che hanno storicamente caratterizzato le istituzioni ed il popolo italiano”.