La Rete dei Comuni Solidali scrive a Riccardi per denunciare i ritardi nei pagamenti per l’accoglienza. “Domande d’asilo respinte? Crescerà la zona d’ombra del lavoro illegale”
Roma – 24 aprile 2012 – Sono mesi che lo Stato non paga i Comuni che accolgono i profughi nordafricani e ora questi rischiano di rimanere senza cibo e medicine. Intanto, le loro domande d’asilo vengono respinte e, senza un permesso di soggiorno, andranno a ingrossare le fila degli irregolari.
A lanciare l’allarme, in una lettera aperta al ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, è la Rete dei Comuni Solidali (Recosol), che rappresenta trecento comuni italiani. Tra questi, anche Acquaformosa e Riace, che da anni si occupano dell’accoglienza migranti con progetti dello Sprar e in seguito all’emergenza nord Africa, dei progetti seguiti dalla Protezione Civile.
A Riace, che ospita 120 rifugiati, i fondi della protezione civile non si vedono da otto mesi, una situazione mai verificatasi prima, nonostante i pagamenti non fossero mai stati puntuali. I ritardi, denuncia Recosol, stanno creando “una grave emergenza di convivenza civile dovuta al rifiuto da parte dei fornitori storici di generi di prima necessità (alimentari, farmacie ecc.) di continuare a far credito”. In questo modo, quello che finora è stato un’ interessantissima esperienza per coniugare accoglienza e rilancio del territorio, rischia di esplodere.
Ai ritardi dei pagamenti, sottolineano i sindaci di Riace e Acquaformosa, si accompagnano quelli delle convocazioni per esaminare le domande di asilo: “fino ad un anno di attesa dopo l’arrivo in Italia, quando la legge prevede tempi brevi e comunque non superiori a tre mesi”. Tra l’altro, “quasi il 70% delle domande vengono respinte senza neppure vedere riconosciute le esigenze di protezione umanitaria”.
Nella lettera a Riccardi si sottolinea che i profughi dalla Libia (per lo più cittadini di Paesi subsahariani) sono fuggiti da una guerra ( talvolta imbarcati con la forza dalle milizie di Gheddafi) nel corso della quale hanno subito gravi traumi, e a seguito della quale hanno persone tutto. “l rientro nei paesi di origine è per la maggior parte di loro non possibile a causa dell’assenza di legami famigliari, sociali ed economici con paesi lasciati molti anni fa (e per molti, in giovanissima età, persino minorenni).”
Se non tutelati, finiranno allo sbando, “privi di accoglienza e di regolare titolarità di soggiorno. Ne conseguirebbero gravi fenomeni di tensione sociale”. In Calabria, “le stesse persone che l’Italia ha accolto, costrette a sopravvivere in qualche modo, verrebbero facilmente prese nelle file della “mano d’opera” della ‘ndrangheta alimentando la zona d’ombra del lavoro illegale”.
La Rete dei Comuni Solidali, si unisce quindi alla richiesta già presentata dal Tavolo Asilo al governo: ”Valutare l’opportunità di una più ampia attuazione delle norme vigenti in materia di protezione umanitaria che permetterebbe di rilasciare un permesso di soggiorno alla maggior parte delle persone arrivate dalla Libia e la concessione di un permesso di soggiorno a titolo temporaneo a quanti non hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale, nè la protezione umanitaria”.
EP