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Censimento. Sindoni (Istat): “Immigrati spariti? Andati via o diventati irregolari”

Ottocentomila stranieri registrati all’anagrafe non hanno risposto al censimento e ora rischiano la cancellazione.  L’esperto:  “Dati ancora provvisori, non possiamo quantificare con esattezza l’errore, ma non ci aspettiamo grossi scostamenti”

Roma – 9 maggio 2012 – Tra i primi risultati del censimento della popolazione diffusi qualche giorno fa dall’Istat ce n’è uno che lascia perplessi.

I cittadini stranieri contati dai questionari  sono 3.769.518, mentre quelli che risultavano  iscritti alle anagrafi dei Comuni italiani il 1 gennaio 2011 erano 4.570.317. Mancano all’appello circa ottocentomila persone. È come se fossero spariti di colpo tutti gli abitanti di una città grande quasi come Torino.Che fine hanno fatto? Cerchiamo di capirlo con Giuseppe Sindoni, responsabile  del servizio censimento della popolazione Istat.

Innanzitutto, questi dati sono definitivi?
“No, sono provvisori, perché manca il riscontro completo con i questionari cartacei ancora non arrivati al centro di acquisizione dati. Ogni Comune ci ha però già inviato, in tempo reale, i dati riepilogativi, compreso quello sugli stranieri, e quindi non ci aspettiamo grossi scostamenti. I dati definitivi sulla popolazione legale arriveranno a fine anno”.

Anche dalle grandi città vi hanno comunicato tutti i dati riepilogativi?
Per dodici comuni (Cagliari, Firenze, Livorno, Messina, Milano, Napoli, Perugia, Prato, Ravenna, Roma, Salerno e Torino n.d.r.) abbiamo solo un dato stimato, perché non avevano ancora finito.

Come lo avete stimato?
“In base all’andamento riscontrato fino a quel momento. Semplificando al massimo: se in quatto settimane hanno contato 100 stranieri, abbiamo stimato che nelle due settimane necessarie per smaltire gli ultimi questionari ne avrebbero contati altri 50. A Milano, Roma e Napoli questa tecnica potrebbe però aver portato a un contare meno stranieri di quelli effettivamente presenti”.

Perché?
“Perché in queste città i Comuni si sono fatti aiutare da mediatori culturali e associazioni per raccogliere i questionari dei cittadini stranieri, che sono stati riconsegnati più tardi e quindi lavorati per ultimi. Siamo quindi un po’ “corti”. Riteniamo però di non aver contato solo alcune decine di migliaia di persone, sul totale italiano recuperemo comunque pochissimo”.

Come si spiega, allora, la sparizione di 800 mila immigrati?
“Con la maggiore mobilità di popolazione straniera, che rende più difficile per i Comuni tenere aggiornate le anagrafi. Se un cittadino straniero decide di trasferirsi in un altro Paese, difficilmente lo comunica al Comune, che non lo deregistra finchè non arriva un nuovo censimento e quindi lo considera residente anche se se ne è andato da anni”.

E se invece che all’estero se ne va in un altro Comune?
“Abbiamo messo in campo un sistema per recuperare questi casi, utilizzando dei “segnali di presenza” che ci arrivavano ad esempio dagli elenchi dei permessi di soggiorno o da quelli dell’anagrafe tributaria. Nei grandi comuni, basandoci sulla rilevazione dei numeri civici, abbiamo anche mandato dei rilevatori a bussare alle porte delle abitazioni alle quali non erano stati inviati questionari.  Questo ci ha permesso di censire oltre 170mila immigrati che erano presenti pur non essendo registrati all’anagrafe”.

Cosa vi assicura che tutti gli immigrati hanno davvero ricevuto e compilato il questionario del censimento?
“Noi adesso stiamo facendo la cosiddetta indagine di qualità. È un censimento tradizionale, porta  a porta, in alcune aree  a campione del territorio, per capire chi è stato censito tra quelli che dovevano essere censiti. Questo ci permetterà di quantificare eventuali errori del conteggio”.

Fino alla fine di questa ulteriore indagine, quindi, non si potrà davvero sapere quanti immigrati regolari non ci sono più?
“Dobbiamo naturalmente aspettare che termini l’indagine qualitativa. L’ aspettativa che abbiamo è però che la maggioranza di quegli ottocentomila immigrati sono persone che sono andate in un altro Paese, che sono tornate in patria o che sono ancora qui ma non hanno più un permesso di soggiorno valido e quindi non fanno più parte della popolazione obiettivo del censimento”.

Che atteggiamento avete riscontrato tra gli immigrati censiti?
“Abbiamo avuto feedback piuttosto sporadici e quindi non possiamo trarre conclusioni generalizzate. In linea di massima c’è stata collaborazione, soprattutto quando è stato chiaro che non rispondere poteva comportare delle sanzioni. Su questo aspetto abbiamo avuto molte richieste di informazioni,  a Roma si erano diffuse anche voci incontrollate secondo le quali chi non riconsegnava il questionario rischiava la prigione…”

Che rischi corrono, realmente, gli ottocentomila “assenti”?
“Ogni comune farà un’ulteriore verifica per capire se dimorano ancora sul territorio, dopodiché, se non li trova, li dovrà cancellare dagli elenchi anagrafici”.

Se si sono trasferiti in altri comuni  il fatto di essere cancellati dall’anagrafe del comune di provenienza impedirà loro di iscriversi all’anagrafe del nuovo Comune?
“No. Se sono stati censiti in altro comune, questo li inviterà ad iscriversi in anagrafe, se non sono stati censiti comunque potranno comunque chiedere l’iscrizione. Anche in questi casi il Comune dovrà  fare le solite verifiche”.

Quali sono i risultati principali del censimento degli immigrati?
“Innanzitutto che rispetto al censimento del 2001 sono quasi triplicati, così come la loro incidenza sulla popolazione italiana, salita dal 2,3 al 6,3% e che la distribuzione sul territorio, concentrata per due terzi al nord, è confermata. Ci sono poi tantissime situazioni locali importanti, dal 16% di incidenza di immigrati registrato tra gli abitanti di una grande città come Brescia al 36% che abbiamo trovato nella piccola Rocca De’ Giorgi, in provincia di Pavia.  Di sicuro, è quasi esclusivamente merito dell’immigrazione se negli ultimi dieci anni è cresciuta la popolazione in Italia”.

Elvio Pasca

 

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