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Aion Teatër, tra Dino Campana e leggende albanesi

Vanno in scena sulle due sponde dell’Adriatico. Lesko: “L’albanese è la lingua del telefono, da ventun anni un abbraccio mancato”

 

Roma – 6 dicembre 2012 – Immaginate un palcoscenico, grande o piccolo che sia. Aggiungete quattro figure illuminate con maestria; una delle quali danza senza sosta, talvolta rappresentando il sogno e altre l’angoscia. Ora alle immagini aggiungete la musica. Tanti strumenti che sotto le mani abili dei due musicisti traboccano di ritmi e poco dopo trasudano suoni che in fretta ti raggiungono l’anima. E poi la voce, un grido, una carezza, un canto funebre o un’esplosione di estasi.

E’ difficile descrivere con le parole un lavoro di Aion Teatër, composto da Marsel Lesko, Federico Di Maio, Robert Bisha e Magda Saba. La compagnia di artisti italiani e albanesi ha portato in scena negli anni “L’epopea del quotidiano”, “La memoria”, “Canti orfici” dedicato a Dino Campana e negli ultimi tempi il loro sguardo e si è rivolto verso il paese di origine della metà del gruppo, l’Albania. Con “I huaji” (Lo straniero) e “Rozafa”, una leggenda del Paese delle Aquile, hanno portato in scena la lingua albanese, non solo durante le loro tournee in Albania o Montenegro, ma anche in Italia.

Marsel Lesko, classe 1975 ha un legame quasi viscerale con la lingua, che lui definisce figlia del suono e, intervistato da Shqiptariiitalise.com, fa una distinzione: “Se l’albanese è la lingua dell’infanzia e della strada, l’italiano è la lingua degli studi, delle letture, dei cantautori, dei poeti e dei filosofi. L’albanese è la lingua del latte, è un uovo mangiato in due con mio fratello, la lingua delle storie di spiriti con gli amici, dei canti dei miei nonni, la lingua dei falò di notte mentre aspettavamo i camion carichi di angurie. L’albanese è la lingua del telefono, da 21 anni è il mezzo che sostituisce l’abbraccio mancato” .

Alcuni versi della sua opera “I huaji” (Lo straniero) sono un pugno nello stomaco. Mangio lacrime/E più non piango/Con unghie stanche/E rigate/Scrivo parole/Affamate/Sul pallido muro/Sono straniero/Voglio un ponte/Sul mare oscuro.  Marsel Lesko spiega che “In un mondo pieno di recinti, chiunque senta ancora in sé lo scorrere della vita si ritrova spesso ad essere “straniero”. Il suo è un grido di dolore, non di disperazione, lui lo considera “il punto d’inizio indispensabile per esser presenti nella vita. Come il seme che per vedere il sole deve prima liberarsi del proprio guscio e spingere la terra pesante. Una sorta di dolor fertile che ogni creatura attraversa per nascere in vita”.

Quello che la compagnia propone è alla portata di tutti. Basti pensare che i loro spettacoli all’aperto alla Stazione Ostiense di Roma o a Orikum in Albania sono stati seguiti e apprezzati da un pubblico eterogeneo, di ogni fascia di età e di tutte le categorie culturali. “In quelle occasioni abbiamo respirato un sentire diverso, più vivo e passionale, di quello che spesso troviamo in Italia, perché forse più contaminata dalla televisione e da un tipo di spettacolarità commerciale ormai radicata. Soprattutto Magda e Federico ci hanno fatto notare che in Albania abbiano sentito una disponibilità e un’accoglienza che in Italia purtroppo difficilmente si trova nei grandi teatri, o forse c’era 50 anni fa”.

Marsel Lesko e Magda Saba sono diplomati all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma,  mentre Robert Bisha e Federico Di Maio hanno conseguito gli studi al conservatorio. Provenienze e percorsi diversi per i quattro dell’Aion Teatër che però si definiscono un tutt’uno, come se appartenessero ad un solo respiro.

Irida Cami

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Aion Teatër mes Dino Campana e Rozafës (Shqiptariiitalise.com)

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