Operatrice socio sanitaria (chi l’ha detto che sono tutte dell’est?), per combattere le crisi Rocio Liriano Polanco si sta reinventando come estetista. “La mia più grande passione resta la musica”
Roma – 12 marzo 2013 – Chi lo ha detto che le operatrici sanitarie sono tutte dell’Est? Rocio Liriano Polanco è l’esempio vivente che sfata questo stereotipo.
È nata 25 anni fa nella Repubblica Domenicana, ma da quando ne aveva cinque vive in Emilia Romagna tra Modena e Reggio Emilia. Oggi è un’ operatrice socio sanitaria (Oss) e ha il ritmo e la passione per la musica nel sangue.
“Nel 2007 mi sono diplomata come Tecnico dei servizi sociali specializzata in anziani e ho preso la qualifica di Oss. Per quanto possa sembrare un lavoro molto comune e per il quale c’è molta richiesta, ti assicuro che attualmente c’è “crisi” anche in questo settore. Oggi si registra un esubero di Oss e molto spesso fatico a trovare un impiego”.
La cura per l’altro. “È una professione che si associa alle persone straniere, che sono disposte a fare un mestiere qualunque pur di portare avanti il loro progetto migratorio e accumulare denaro, ma per me non è così e ne risento anche sul luogo di lavoro. Quello che mi ha spinto a intraprendere questo percorso è soprattutto dettato dalle esperienze che ho vissuto. Sin da piccola sono stata in affido familiare con una persona che consideravo come mia nonna e che purtroppo oggi non c’è più.
La cura, il benessere delle persone, in particolare di quelle anziane, è un aspetto che mi sta molto a cuore e a volte un sorriso o una parola dolce posso regalare ore di felicità. Prendimi cura delle persone, con la giusta attenzione è una cosa che mi gratifica e mi fa sentire utile”.
“È una professione in cui bisogna metterci il cuore e passione, purtroppo tra i miei colleghi vedo molta incompetenza, proprio perchè manca quell’attenzione verso l’utente”.
“Ovviamente oltre all’emotività ho iniziato questo mestiere anche perchè pensavo che la domanda sarebbe sempre rimasta attiva e che sono poche le persone disposte a fare questo tipo di lavoro, per molti umiliante”.
La crisi delle OSS. “Sembrerà paradossale, ma anche in questo settore non c’è spazio per i giovani, sono sempre la più giovane tra le mie colleghe e data la novità della professione non c’è ancora stato quel “turnover”, che permetta ai giovani di accedere alle strutture”.
Assunta con un contratto a tempo indeterminato, credevo di aver trovato un posto fisso, ma oggi sono in cassa integrazione al 60% e non ho ancora ricevuto un euro dal governo. Non mi perdo d’animo e cerco di reinventarmi. Ho tentato la strada come OSS presso i privati, ma ovviamente quando devono scegliere tra me, che ho una qualifica e una ragazza senza, disposta a stare 24 su 24 in casa con il paziente, mi scartano in partenza.
Quindi per ora sto imparando una nuova professione, l’ estetista, e coltivo la mia più grande passione per la danza e la musica hip-hop.
Discriminata. “Il razzismo l’ho vissuto sulla mia pelle, da quando ero piccola e ne sono tutt’ora vittima. Quando mi presento ai colloqui e scoprono che sono nera mi chiedono se ho la cittadinanza italiana, anche se per quel tipo di lavoro non è necessario, oppure mi liquidano dicendo che non pensavano che ero straniera.
Tutto questo per me è disarmante, perchè è il mio paese, è la città in cui sono cresciuta. Finchè sei studente non te ne rendi conto, è il mondo del lavoro che ti mette davanti alle realtà.
“In qualche modo mi ‘rifugio’ nell’ambiente hip-hop, in cui mi sento me stessa e non devo dimostrare niente a nessuno. È un genere molto vicino alla cultura “black” e forse rischia di diventare una sorta di ghettizzazione. D’altronde finchè nelle discoteche e nei locali più “fighetti” continueranno a trattarmi da straniera nel paese in cui sono cresciuta non ho molte alternative”.
Samia Oursana