I ministeri chiave per gli stranieri in Italia sono Interno, Lavoro ed Esteri. E l’Integrazione? Dipende dalle competenze che riuscirà a conquistare
Roma – 29 aprile 2013 – Il fatto che ci sia un “ministero dell’Integrazione” non tragga in inganno. Non è solo dalla scrivania di Cecile Kyenge che si governerà l’immigrazione. Anzi, a essere realisti, sono altri i ministeri che influerenzeranno maggiormente la vita degli stranieri in Italia durante il mandato di Enrico Letta a Palazzo Chigi.
Un ruolo importantissimo lo gioca il ministero dell’Interno. Si occupa del contrasto dell’immigrazione clandestina (controllo delle frontiere e del territorio, espulsioni, Cie…), ma anche della gestione dell’immigrazione regolare: rilascio e rinnovi dei permessi di soggiorno, sportelli unici per l’immigrazione, accordi di integrazione, test per la carta di soggiorno e così via.
A guidare il Viminale è ora Angelino Alfano, 43 anni, segretario del Popolo della Libertà, che ha anche al carica di vicepresidente del Consiglio. Già ministro della Giustizia, si distinse per il cosiddetto “Lodo Alfano” (la legge che sospendeva i processi alle più alte cariche dello Stato, bocciata dalla Corte Costituzionale), ma anche per aver condotto in porto il nuovo Codice Antimafia e la semplificazione del processo civile.
Il ministero del Lavoro definisce invece gli ingressi per lavoro dall’estero, cioè i numeri dei “decreti flussi”, valutando il fabbisogno di famiglie e imprese. Gestisce anche le liste dei lavoratori già formati in patria che hanno una corsia preferenziale per l’Italia e stringe accordi bilaterali per l’arrivo di manodopera. Ha poi altre competenze sul fronte dell’integrazione o sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Il nuovo ministro del Lavoro è un tecnico, Enrico Giovannini, 56 anni. Statistico economico, è uno dei saggi chiamati un mese fa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a definire le priorità economiche per tirare fuori l’Italia dalla crisi. Per anni all’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)di Parigi, nel 2009 è diventato presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica e guidato le operazione dell’ultimo Censimento.
A gestire le relazioni e a creare ponti con i Paesi d’Origine degli immigrati è invece il ministero degli Esteri. La sua rete di consolati sparsa per il mondo è la porta d’accesso all’Italia, come sa bene chi deve chiedere il rilascio di un visto, mentre nei Paesi più poveri la sua azione è tangibile anche nei numerosi progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo.
A capo della Farnesina è stata chiamata Emma Bonino, 65 anni. Esponente di spicco dei Radicali Italiani, protagonista di battaglie civili come quelle sull’aborto e sul divorzio, è una paladina dei diritti umani in tutto il mondo. È stata ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee, ma anche commissario europeo per le politiche dei consumatori. Il suo nome circolava anche per l’elezione del presidente della Repubblica.
Cosa rimane da fare al ministro dell’Integrazione? Per capirlo, bisognerà aspettare qualche settimane, vedere il ruolo che Cécile Kyenge riuscirà a ritagliarsi, soprattutto capire in che misura i suoi colleghi rinunceranno a competenze che per lunghi anni sono state appannaggio dei loro ministeri. Un’impresa che ha complicato un bel po’ la vita al suo predecessore, Andrea Riccardi.
Intanto, a giudicare dalle prime dichiarazioni su riforma della cittadinanza e revisione della legge Bossi-Fini, è chiaro a tutti che Kyenge eserciterà una costante attività di indirizzo e pressione sul governo e sul Parlamento per migliorare la condizione degli stranieri in Italia e dei loro figli. Il buon giorno, del resto, si vede dal mattino: nei suoi primi giorni da deputata ha firmato una proposta per lo ius soli e creato un intergruppo parlamentare su immigrazione e asilo.
Elvio Pasca