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Decreto lavoro. Novità anche su flussi d’ingresso e regolarizzazione

Prima di chiedere l’arrivo di lavoratori dall’estero, bisognerà cercare tra disoccupati in Italia. Sì al permesso di soggiorno se il rapporto è finito prima della regolarizzazione o se il datore non ha i requisiti

Roma – 27 giugno 2013 – Sembrano esserci novità importanti anche sul fronte dell’immigrazione nel decreto legge sul lavoro approvato ieri dal governo. Per la conferma e i dettagli bisognerà aspettare la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ma secondo la bozza arrivata sul tavolo del Consiglio dei Ministri si interviene, tra le altre cose, sul meccanismo dei flussi d’ingresso, con un occhio ai disoccupati già in Italia, e si dà una chance in più a tanti lavoratori che hanno partecipato alla regolarizzazione del 2012, ma ora rischiavano di non mettersi in tasca il permesso di soggiorno.

Per quanto riguarda i flussi, il decreto prevede che d’ora in poi, prima di presentare la richiesta nominativa per far venire in Italia e assumere un lavoratore straniero, bisognerà verificare presso il Centro per l’Impiego “l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale, idoneamente documentata”. Una famiglia in cerca di una colf o un’impresa che ha bisogno di un operaio dovrà insomma dimostrare di aver cercato manodopera tra i disoccupati (italiani o immigrati) prima di farla arrivare dall’estero.

In realtà questo tipo di controllo era già previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione, ma è stato finora una semplice formalità. Si faceva infatti dopo la presentazione della domanda per i flussi, che veniva trasmessa anche al Centro per l’Impiego perché diffondesse l’offerta di lavoro in Italia per venti giorni. Se c’era un disoccupato disponibile, si informava il datore di lavoro.

Famiglie e imprese, però, anche se c’era questa disponibilità, il più delle volte preferivano comunque assumere dall’estero con i flussi, anche perché nella maggior parte dei casi il lavoratore che volevano ufficialmente portare in Italia era già qui irregolarmente, magari impiegato in nero presso di loro, e quindi lo conosceva bene. Ora questo passaggio successivo alla domanda viene eliminato.

Cambia anche la programmazione degli ingressi per chi viene in Italia a frequentare corsi di formazione professionale o a svolgere tirocini. Il tetto massimo verrà fissato ogni tre anni, entro la fine di giugno, con un decreto del ministero del Lavoro, d’accordo con Viminale e Farnesina. Finchè non uscirà per la prima volta il decreto, i consolati potranno comunque rilasciare visti d’ingresso a chi ha i requisiti, senza limiti numerici.

Arrivano anche nuove risorse per il “Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”, perché il decreto del governo vi fa confluire i soldi non utilizzati che erano stati destinati all’emergenza nord africa. Una buona notizia per i Comuni che si accollano l’accoglienza e che da tempo chiedono allo Stato centrale di sbloccare i rimborsi.

Buone notizie arrivano anche, sul fronte della regolarizzazione, per i tantissimi lavoratori che rischiavano di rimanere fuori per colpa di datori che si sono rivelati privi dei requisiti (ad esempio di reddito) previsti dalla legge o che si sono tirati indietro dopo aver presentato la domanda.

Se la domanda è stata bocciata “per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro”, ma sono stati pagati i mille euro di forfait e gli arretrati di tasse e contributi e il lavoratore può comunque provare la sua presenza in Italia almeno dal 2011, gli  viene rilasciato “un permesso di soggiorno per attesa occupazione”. Il permesso ha la durata di un anno, è può essere convertito in un permesso di lavoro se intanto l’immigrato trova occupazione.

Il decreto interviene anche nei casi in cui il rapporto di lavoro finisca, con un licenziamento o con le dimissioni, prima che sia completata la procedura di regolarizzazione. Purchè ci sia la prova di presenza in Italia dal 2011, il lavoratore potrà avere un permesso per attesa occupazione o, se c’è la richiesta di assunzione da parte di un nuovo datore, direttamente un permesso per lavoro. Il datore che aveva presentato la domanda di regolarizzazione sarà comunque tenuto a pagare tasse e contributi fino alla data di cessazione del rapporto.
 

Elvio Pasca

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