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TV. Gli immigrati entrano nell’Auditel

Anche quattrocento famiglie straniere nel campione per la rilevazione degli ascolti. Il direttore Pancini: “Dati utili agli investitori pubblicitari, ma anche per una nuova offerta di contenuti”

 
Roma – 18 luglio 2013 – I telespettatori immigrati escono dall’ombra. Dal mese prossimo sapremo cosa guardano quando si siedono in poltrona con un telecomando in mano, perché si sono conquistati finalmente un posto nell’Auditel.
 
È una novità importante, se si considera come ha funzionato finora la rilevazione degli ascolti televisivi in Italia.  
 
Cinquemiladuecento famiglie hanno in casa un apparecchio, il meter, che monitora il comportamento televisivo di tutti i loro componenti. I dati che arrivano da questo campione decretano il successo o il flop di un programma e di una rete, ma, soprattutto, il prezzo che gli inserzionisti pubblicitari sono pronti a pagare. Non è un caso che Auditel srl ha tra i suoi soci Rai e Mediaset, ma anche l’UPA, che riunisce le principali aziende che investono in comunicazione pubblicitaria.
 
Telespettatori invisibili
Il problema è che quel campione, che dovrebbe essere rappresentativo di tutti i telespettatori in Italia, è stato scelto pescando i capifamiglia dalle liste elettorali. Di conseguenza, non comprende famiglie di immigrati, ma al massimo famiglie “miste”, che hanno un capofamiglia cittadino italiano. Poi, però, i dati che ne derivano vengono spalmati su tutta la popolazione italiana, immigrati compresi.
 
 “Considerato quanti cittadini stranieri vivono nel nostro Paese, questo è uno degli aspetti principali della mancata rappresentatività del panel auditel. Eppure gli immigrati sono forti consumatori di tv, presumibilmente proprio di quelle tv generaliste che sono tra i soci di Auditel” commenta Giovanni Gangemi, direttore area comunicazioni di I-Com, l’istituto per la competitività, che qualche tempo fa ha analizzato il problema in uno studio dedicato a “La misurazione degli ascolti nella tv che cambia”.

“In altri Paesi europei la rilevazione degli ascolti si fa anche tra gli immigrati, in Italia dovremmo muoverci. Si tratta di una fetta importante di consumatori – sottolinea Gangemi –  e anche se possono avere una capacità di spesa ridotta sono più giovani e più dinamici degli italiani e mediamente più sensibili al messaggio pubblicitario. Se lo scopo di Auditel è dare numeri agli inserzionisti, questo dovrebbe essere uno stimolo per far entrare gli immigrati nel panel”

Il caso due anni fa è finito anche sul tavolo dell’Antitrust, grazie a un ricorso presentato da Sky. L’Autority però ha “assolto” Auditel, che ha dimostrato di aver provato per anni a inserire gli immigrati nel campione, ma si è scontrata con ostacoli oggettivi, primo  tra tutti  l’impossibilità ad accedere agli elenchi anagrafici, anziché a quelli elettorali, a causa di problemi di tutela della privacy.

Quattrocento famiglie monitorate
Ora, però, siamo a una svolta.  “Da agosto, nella rilevazione degli ascolti entreranno anche i telespettatori immigrati” annuncia a Stranieriinitalia.it Walter Pancini, direttore generale di Auditel. “Siamo partiti con un progetto pilota e ora entriamo a regime, aggiungendo alle 5200 famiglie italiane altre 400 famiglie di immigrati. Erano anni che miravamo a questo risultato, siamo andati a cercare gli stranieri nei loro luoghi di aggregazione, anche con l’aiuto di mediatori culturali  e abbiamo finalmente un campione rappresentativo”.

In pratica, per gli italiani si continuerà a pescare nelle liste elettorali, per gli immigrati il campione è stato costruito dall’Ipsos, l’istituto di ricerca al quale si appoggia Auditel,  in modo da rispecchiare nella maniera più accurata le tante variabili dell’immigrazione in Italia.  La difficoltà principale adesso sarà la “manutenzione” del campione: “C’è una grande disponibilità, ma anche una maggiore mobilità e quindi una maggiore tendenza a uscire dal campione rispetto agli italiani, tra i quali già abbiamo un turn over del 20% annuo. È però un problema che possiamo gestire” assicura il direttore.
 
Per i cittadini stranieri che si faranno monitorare, così come per gli italiani, non è prevista una retribuzione, ma solo regali di poco conto come un set di valige, un frullatore o un plaid. “Piccoli premi per la cortesia delle persone che hanno voluto collaborare. Pagarle sarebbe metodologicamente scorretto,  non vogliamo un campione di professionisti. Noi vogliamo un disegno del Paese nel quale alle mille diverse Italia corrispondono mille  diversi atteggiamenti televisivi”.

Anche se bisognerà aspettare agosto per i dati dettagliati, le prime rilevazioni mostrano un consumo non molto diverso da quello degli italiani, ma con una propensione maggiore a guardare la tv,  soprattutto tra i più giovani. Con le seconde generazioni le differenze si assottigliano molto.

“I nostri dati – conclude Pancini – saranno una miniera di informazioni per gli investitori pubblicitari, gli immigrati collaborano all’economia italiana, hanno gusti e tendenze commerciali da intercettare. La tv è però anche un forte strumento di integrazione, ad esempio è il modo più semplice ed economico per imparare la lingua. Credo che questo apra uno scenario importante di contenuti da offrire a questa nuova componente di cittadini dell’Italia”.

Elvio Pasca

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