Secondo il tribunale di Venezia Sebastiano Sartori non ha commesso un reato. “Lotto contro il precariato, non contro gli stranieri”
Roma – 22 ottobre 2013 – “Ku klux Klan unica via”. Lo scorso agosto Sebastiano Sartori, professore veneziano e segretario provinciale di Forza Nuova, ha commentato così la notizia dell’apertura dei concorsi pubblici agli immigrati titolari di carta di soggiorno.
“Gli amici degli allogeni – ha argomentato condividendo su Facebook un articolo di Stranieriinitalia.it – li avete votati voi ed ora ce la mettono nel culo. Il cavallo di troia lo avete trascinato voi dentro la città ora siamo finiti”. La soluzione sarebbe quindi nella setta di incappucciati razzisti che in America linciava i neri.
Quel post ha scatenato un polverone. Per l’atrocità della tesi sostenuta, ma anche per il fatto che Sartori lavora in una scuola, l'istituto Barbarigo di Venezia, tra ragazzi che magari potrebbero iniziare a pensarla come il loro professore.
Lui non ha fatto una piega. “Non vedo perchè dovrei pentirmi di quello che e' scritto, nel contesto in cui l'ho scritto” ha sostenuto, parlando di “un commento ironico di fronte a una legge che rappresenta il peggiore degli incubi possibili, contro il quale tutti dovremmo scendere in strada".
Intanto, però, si è mossa la magistratura e Sartori è stato rinviato a giudizio per istigazione alla violenza e all’odio razziale. Come è andata a finire? Ha vinto lui. Il pubblico ministero aveva chiesto otto mesi di reclusione, ma secondo il collegio del Tribunale di Venezia il professore non ha commesso un reato e quindi è stato assolto.
Si attendono le motivazioni della sentenza, ma l'avvocato Federica Bertocco, legale di Sartori, dice alla stampa locale che “non c'è stata alcuna istigazione”. Quelle parole erano “una critica fatta come insegnante precario, e il tribunale l'ha riconosciuto. La sua frase non istigava alla violenza, non conteneva riferimenti violenti. Era un'iperbole provocatoria, aberrante se vogliamo, per richiamare l'attenzione su una certa notizia”.
Sartori, manco a dirlo, è felicissimo e ritiene che i giudici abbiano colto il senso di quella che continua a definire una “provocazione”. Dice di portare avanti “una lotta contro il precariato, non certo contro gli stranieri”. E promette: “continuerò a fare il mio lavoro, come ho sempre fatto”.
EP