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Istat: “Italiani aperti agli immigrati, ma la crisi crea competizione”

Il sondaggio: “Tutti hanno il diritto di migrare, si a un'Italia multientica. Gli stranieri non rubano lavoro, fanno cose snobbate dagli italiani. Se però i posti sono pochi, precedenza a noi"

Roma – 23 maggio 2013 – Gli italiani ritengono che migrare sia un diritto e hanno accettato largamente l’idea di una società multiculturale. Non credono che gli immigrati rubino loro il lavoro, ma quando è poco vogliono la precedenza.

Lo dice un’indagine dell’Istituto Nazionale di Statistica contenuta nel rapporto annuale pubblicato ieri. Ecco i risultati principali:

L’86,7% degli italiani è d’accordo nel ritenere che ogni persona dovrebbe avere il diritto di vivere in qualsiasi Paese del mondo. Oltre quattro quinti degli intervistati si dichiara poco op per niente d'accordo con l'affermazione che "è meglio che italiani e immigrati stiano ognuino per conto proprio"(81%) oppure che l'Italia è degli italani e non c'è posto per gli immigrati (81,2%). RImane però un 20% di poolazione che mostra chiusura, dichiarandosi d'accordo con le due precedenti affermazioni.

Il 61,4% dei cittadini italiani si dichiara d’accordo con l’affermazione che “gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare”. Una quota simile (62,9%) è poco o per niente d’accordo con l’idea che “gli immigrati tolgono lavoro agli italiani”. In generale, dunque, l’opinione per cui il lavoro degli immigrati va a sostituire la forza lavoro locale sulle mansioni evitate dagli italiani sembra prevalere sulla percezione di una rivalità tra italiani e immigrati sul mercato del lavoro.

La posizione degli italiani verso gli immigrati appare risentire della crisi. Alcune fasce della popolazione avvertono infatti uno stato di competizione nell’aggiudicarsi risorse scarse, in particolare il posto di lavoro. Superano il 50% coloro che sostengono che, in condizioni di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani rispetto agli immigrati.

Oltre al titolo di studio, è la percezione di una condizione personale di maggiore vulnerabilità, o l’esposizione al rischio di perdita dell’occupazione, a far crescere la probabilità che un cittadino si dichiari d’accordo con una maggiore protezione a favore degli italiani, soprattutto laddove i rischi di sostituzione tra manodopera italiana e straniera sono percepiti più alti.

 In particolare, è il titolo di studio che, tra le caratteristiche individuali considerate, influenza maggiormente la probabilità di percepire gli immigrati come dei competitors e il conseguente riconoscimento per gli italiani di un diritto di precedenza nell’accesso al mercato del lavoro: i meno istruiti – cioè quanti hanno al più conseguito la licenza media – hanno una probabilità più che doppia di quella dei laureati di essere d’accordo piuttosto che contrari (la stessa probabilità diventa pari a 1,5 per i diplomati).

 Questo risultato è in linea con le analisi sul mercato del lavoro, che mostrano come per un lavoratore straniero sia più probabile avere un lavoro poco qualificato nei servizi, mentre per gli italiani questo avviene nell’industria. Infatti è nelle regioni settentrionali e in particolare nel Nord-est che la probabilità di affermare un diritto di precedenza per gli italiani è maggiore rispetto a chi vive nel Centro. La stessa modalità, invece, non risulta significativa nel Mezzogiorno, dove gli stranieri lavorano soprattutto in agricoltura e nei servizi, attività percepite come poco attraenti dagli italiani.
 

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