Le quote "obbligatorie" ancora non ci sono. Le conclusioni del summit dei capi di stato e di governo dei 28 Paesi Ue
Roma – 26 giugno 2015 – Ma alla fine cosa hanno deciso sull’immigrazione i 28 capi di stato e di governo riuniti a Bruxelles? Aiuteranno o no l’Italia a fronteggiare gli sbarchi? Come? Quando? Le risposte sono nelle conclusioni del Consiglio Europeo, pubblicate oggi pomeriggio.
Nel documento c’è via libera al trasferimento (ricollocamento, relocation) “temporaneo ed eccezionale” in due anni “di 40 mila persone che hanno chiaramente bisogno di protezione internazionale” dall’Italia e dalla Grecia agli altri Paesi membri, escluso il Regno Unito. Gli Stati Membri dovranno esprimere entro la fine di luglio il consenso per la distribuzione di queste persone in base “alle specifiche situazioni” interne. L’impegno c’è quindi, ma per ora non ci sono le quote “obbligatorie” che chiedeva l’Italia. E non si parla dei criteri della distribuzione.
Verranno allestiti centro di accoglienza e prima accoglienza negli stati di frontiera, quindi anche in Italia, con esperti locali ma anche delle agenzie europee EASO, Frontex ed Europol per “assicurare rapidamente identificazione, registrazione e prelievo delle impronte digitali ai migranti”. Sono i famosi hotspots, il cui obiettivo è “distinguere quelli che hanno bisogno di protezione internazionale da quelli che non ne hanno bisogno”.
Per gli Stati di frontiera è prevista anche lo stanziamento di maggiori risorse finanziare per alleviare i costi legali “alla ricezione e alla trattazione delle domande di protezione internazionale”.
Altre 20 mila persone che hanno chiaramente bisogno di protezione internazionale e ancora non sono in Europa (e ad esempio si trovano nei campi profughi del Libano) verranno trasferite nei vari Paesi membri, sempre in base alle loro “specifiche situazioni”. È il cosiddetto reinsediamento (resettlement).
Sicuramente meno sofferto l’accordo trovato dai 28 per facilitare i rimpatri di quanti non hanno diritto alla protezione. Nelle conclusioni si parla di “dialogo di alto livello con i principali parsi di oririgine dei migranti irregolari” e di una spinta agli “accordi di riammissione”: diventeranno sempre più una condizione per stingere altri tipi di accordi con l’Ue, ad esempio di tipo commerciale.
Verrà implementata la direttiva rimpatri e le espulsioni degli dagli stati membri entreranno nello Schengen Information System (Sis), il grande database con i nomi di chi non può entrare nell’Ue. Frontex verrà potenziato in modo da aiutare gli Stati membri anche con “missioni di rimpatrio” (ad esempio con voli charter?) e si pensa di creare una lista comune europea dei “Paesi d’origine sicuri” per velocizzare il trattamento delle domande d’asilo.
Quanto alla cooperazione con i paesi di origine e di transito, le conclusioni del Consiglio Europeo ribadiscono l’importanza di una “vera partenership tra paesi europei e africani”, della quale si parlerà in un summit a La Valletta. L’Ue vuole offrire assistenza agli stati africani nella lotta ai trafficanti, rafforzare la cooperazione per un’ “efficiente politica dei rimpatri”, “indirizzare meglio” la cooperazione allo sviluppo e aumentare gli investimenti in Africa per colpire le cause delle migrazioni, anche “offrendo opportunità economiche e sociali”
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