Roma, 15 luglio 2021 – Violenza, maltrattamenti, detenzione: alla migrante che ha dovuto subire tutto questo deve essere riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Anche se non ci sono i presupposti per la protezione tipica come lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. A mettere la parola fine alla storia di una migrante nigeriana, e di tanti altri immigrati nella sua stessa situazione, è stata la Cassazione grazie alla sentenza 19986/2021.
Immigrati, la Cassazione accoglie il ricorso della donna nigeriana che ha subito violenze
La Cassazione ha riconosciuto che la donna nigeriana, durante il suo viaggio della speranza, ha subito tentativi di violenza, percosse, e inoltre era stata imprigionata per un mese. Tanto da perdere il figlio che aspettava dal compagno. Tutto ciò, avvenuto sia nel deserto che in Libia, ha compromesso seriamente la salute della donna. E proprio per questo deve essere tutelata, anche in assenza dei presupposti per la protezione tipica. Secondo la Corte territoriale, invece, le violenze non erano sufficienti a impedire il suo rimpatrio in Nigeria, poiché nel Paese non c’era un’emergenza sanitaria o alimentare tale da mettere a rischio la sua vita. Per la Cassazione, invece, le brutalità che aveva subito non potevano assolutamente essere ignorate. Anche perché una perizia dimostrava le conseguenze psicologiche causate dall’aborto e dai maltrattamenti.
Secondo la Cassazione, quindi, è mancato un giudizio comparativo: bisognava analizzare anche il rispetto della vita privata e familiare. Come un figlio avuto in Italia nel 2016, motivo di integrazione nel nostro Paese. Senza dimenticare, appunto, le violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza che, in questo caso come in quello di tanti altri immigrati, hanno inciso in modo significativo sulla salute psicologica della persona.
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