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Immigrazione, perchè Giorgia Meloni dovrebbe puntare a collaborare con Ong e Stati africani

Roma, 4 ottobre 2022 – Una priorità del nuovo governo dovrebbe essere quella di imparare a gestire l’immigrazione. E quindi smettere di considerarla una situazione emergenziale e riconoscere che è strutturale. Per farlo bisognerebbe, prima di tutto, iniziare a collaborare non solo con gli Stati di provenienza, ma anche con le Ong che di fatto in questo momento si stanno sostituendo agli Stati nel soccorso dei migranti.

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Un buon punto di partenza, quindi, potrebbe essere quello di sviluppare relazioni concrete con gli Stati di partenza, così come già proposto dalla probabile futura Premier Giorgia Meloni. Ma, contemporaneamente, anche collaborare con le Ong che ogni giorno organizzano i soccorsi in mare. D’altronde, i Paesi di origine dei migranti in arrivo in Italia sono sempre, più o meno, gli stessi. E sostenere le forze armate libiche si è dimostrata una pessima scelta. Non solo perchè gli arrivi non si sono mai fermati, ma soprattutto per il trattamento disumano che viene imposto ai migranti in viaggio. Per tutti questi motivi, perciò, forse sarebbe meglio puntare sul sostegno di programmi di studio e formazione professionale. Programmi da collegare ai permessi di soggiorno per lavorare in Italia.

In questo modo si otterrebbero contemporaneamente due risultati: da una parte ci sarebbe una ricaduta economica sui Paesi d’origine. Dall’altra si sosterebbe l’arrivo legali, con regolari visti di ingresso, di persone già formate e pronte per entrare a far parte del nostro mondo del lavoro. Per farlo, però, sarà necessario analizzare il tema dell’immigrazione con un approccio tutto nuovo e lontano dagli slogan elettorali.

“Stiamo veramente aiutando i poveri a stare meglio? Attualmente no. La maggior parte degli Stati donatori ha intriso nel proprio approccio una burocrazia tale che lo scavatore di pozzi del villaggio non ha nessuna possibilità di ottenere la commessa per fare un pozzo. Queste pesanti procedure proteggono tecnocrati incompetenti che sanno compilare i loro giustificativi di spesa. Ma non saprebbero controllare se un pozzo funziona, se una saldatura è ben fatta o se la manutenzione necessaria può essere garantita localmente. Questi controllori esigono, nel rispetto delle procedure imposte dai governi donatori, un numero di documenti cartacei talmente importante che i responsabili dei progetti di sviluppo ormai devono assumere più amministratori che tecnici.

Il risultato finale è tanta documentazione in regola, ma meno pozzi e meno fondi per quanti ne hanno bisogno. Non stupitevi quindi, quando gli ultimi, gli abitanti dei villaggi, non ce la fanno più e scappano verso l’Europa“, ha infatti sottolineato a Today.it Paolo Giglio, un piemontese che la migrazione l’ha fatta al contrario e oggi è un cittadino del Niger.

migranti

Quanto costano i soccorsi alle Ong?

Come già sottolineato, poi, un ruolo importante lo ricoprono le Ong che di fatto negli ultimi anni si sono sostituite agli Stati nelle operazioni di soccorso. E per farlo, secondo quanto dichiarato nelle campagne promozionali, le Ong spensino almeno 2,8 milioni all’anno. Si parla quindi di 233 mila euro al mese, oltre 7 mila al giorno per ogni singola organizzazione. Questo significa che un patto tra gli Stati e le Ong potrebbe essere in grado di rompere questo dispendio di soldi. E permetterebbe di reinvestirli nella formazione scolastica e professionale dei candidati migranti. Costruendo, in conclusione, un nuovo sistema molto più regolarizzato e innovativo.

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