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Migranti, il Tribunale di Bologna interroga la Corte di Giustizia Uu sulla sicurezza dei Paesi d’origine

Roma, 29 ottobre 2024 – Il Tribunale di Bologna ha sollevato un’importante questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardo la norma nazionale sui cosiddetti “Paesi sicuri”, inserita nel decreto del governo Meloni e in vigore dal 24 ottobre. Il dubbio nasce in un caso specifico, quello di un richiedente asilo proveniente dal Bangladesh, la cui domanda di protezione internazionale è stata respinta in quanto considerato un cittadino di un “Paese sicuro”. La legge italiana prevede, infatti, che non sia necessario un esame approfondito delle richieste d’asilo per coloro che provengono da nazioni ritenute tali, se non in presenza di gravi motivi che dimostrino il contrario.

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Migranti, il Tribunale di Bologna interpella la Corte Ue

I giudici di Bologna ritengono che i criteri adottati dal governo per stabilire i Paesi sicuri siano in contrasto con il diritto europeo, il quale tutela le minoranze esposte a persecuzioni specifiche. Nel loro rinvio alla Corte UE, i giudici utilizzano un paradosso per mettere in discussione il concetto di “Paese sicuro” su base generalizzata: anche la Germania sotto il regime nazista o l’Italia fascista potevano considerarsi sicuri per la maggioranza, ma non per le minoranze perseguitate. Alla Corte viene dunque chiesto di chiarire se la presenza di forme di persecuzione contro minoranze specifiche, come Lgbtqi+, minoranze etniche o donne vittime di violenza, non debba escludere automaticamente un Paese dalla lista dei sicuri, rendendo obbligatorio un esame più dettagliato.

Parallelamente, la Corte di Cassazione si appresta ad affrontare un altro caso collegato alla questione dei Paesi sicuri: il trattenimento in Albania di dodici migranti. La Prima Sezione civile della Cassazione, non le Sezioni unite, discuterà il prossimo 4 dicembre l’istanza promossa dal Viminale contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che non ha convalidato il provvedimento. Anche in questo caso, il nodo da sciogliere riguarda il principio secondo cui un giudice debba uniformarsi alla lista dei Paesi sicuri stabilita per decreto o, al contrario, valutare in concreto se lo Stato d’origine sia davvero sicuro, secondo le normative europee e nazionali. Queste questioni legali, se confermate dalla Corte di Giustizia Ue, potrebbero modificare l’interpretazione delle norme italiane in materia di asilo e sicurezza.

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