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Londra. I polacchi rimpatriano, edilizia a rischio

La capitale britannica è preoccupata: per le Olimpiadi del 2012, non può più contare sugli operai della Polonia

Londra – 25 settembre 2008 – Rischiano di restare a metà gli impianti sportivi per i Giochi olimpici di Londra 2012: gli operai polacchi specializzati, sui quali ha contato il settore edile britannico negli ultimi anni, stanno tornando in massa a casa e non ci sono abbastanza sostituti britannici.

L’allarme è stato dato dai dirigenti della Olimpic Delivery Authority e della London Development Agency, agenzie responsabili dei cantieri di Londra 2012, che dicono di volere al più presto far partire programmi per insegnare ai britannici – in questi anni sempre meno numerosi nell’industria della costruzioni – le competenze minime per lavorare in cantiere, come saper manovrare una escavatrice. Per farlo dovranno sborsare circa 20 milioni di sterline, poco più di 25 milioni di euro. La cifra rappresenta circa il 20% del budget complessivo a disposizione per Londra 2012.

I cantieri olimpici hanno bisogno di 87.000 lavoratori da qui al 2011. Le singole associazioni edili stanno predisponendo appositi piani di reclutamento per rendere i lavoratori britannici sufficientemente qualificati ai lavori richiesti: la Electrical Contractors Association ha fissato l’obiettivo di 1500 elettricisti da addestrare per la costruzione del villaggio olimpico. ”Non si può più contare sulla manodopera immigrata. La politica dell’ECA è di fare in modo che l’impresa sia in grado di generare le competenze necessarie direttamente dalla forza-lavoro nazionale”, ha dichiarato il responsabile formazione della ECA, Iain MacDonald, sottolineando che gli operai stranieri specializzati ora si stanno spostando in paesi dove c’è maggiore prosperità.

Tuttavia, secondo Kevin Marshall, capo della dipartimento per la formazione di Summit Skills, altra associazione del settore edile, c’è indicazione che i polacchi stiano sì tornando a casa, ma che al loro posto stiano arrivando altri lavoratori esteuropei. ”Ma non sembrano essere preparati come i polacchi, e non mostrano la stessa etica del lavoro, ci dicono i nostri iscritti”, ha aggiunto.

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