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La bufala della zingara ladra di bambini

Uno studio della Cei smonta una delle più perniciose leggende metropolitane. “Nessun rapimento in Italia” Città del Vaticano – 11 novembre 2008 – “Un sentito dire", un "pettegolezzo", "una umiliante e infamante diceria" che non trova riscontro nelle carte dei tribunali.  Così Piergiorgio Saviola, direttore generale della fondazione Migrantes, bolla la storia delle nomadi “ladre di bambini”, alla luce dello studio ‘La zingara rapitrice: racconti, denunce, sentenze dal 1986 al 2007’ promosso dalla Fondazione della Cei e realizzato da Sabrina Tosi Cambini.

La ricerca, presentata ieri, prende in esame 29 casi di presunti rapimenti di bambini gagé (nome con cui i rom chiamano i non rom) da parte dei nomadi. Ne emerge un "risultato sorprendente, anzi sconcertante" ha detto mons. Saviola, poiché "non vi è nessuna prova certa, nessun verdetto di condanna" a carico di zingari per un "simile misfatto". La ricerca smentirebbe, quindi, la ‘leggenda’ della zingara rapitrice che, seppur radicata nel nostro paese, non trova riscontro negli atti processuali.

"Sarebbe un reato, un crimine infamante rapire un bambino – ha sottolineato mons. Saviola – ma non meno infamante e criminoso è attribuire a qualcuno questa infamia senza averne le prove". Ma la diffusione del mito della zingara rapitrice, oltre ad avere radici storico-letterarie, sarebbe da imputare, secondo l’autrice della ricerca, anche ai media che generano "confusione" al momento della denuncia del fatto, dando come vero o provato il rapimento, ma che raramente pongono l’accento, in seguito, sulla estraneità dei rom a rapimento denunciato.

Lo studio si pone anche come "un appello ai singoli e alla pubblica opinione – ha proseguito mons. Saviola – a non rapire la reputazione, l’onorabilità agente la cui colpa principale è la diversità". Una sezione della ricerca, attraverso la verifica in 8 città italiane, rileva quanti bambini rom o sinti siano stati dati in affidamento e o in adozione a famiglie gagé. E rileva che è diffuso il pregiudizio che il bimbo rom sia automaticamente un bimbo maltrattato.

"Complessivamente sono oltre 200 i bimbi rom dichiarati adottabili – ha spiegato Carlotta Saletti Salza, co-autrice della ricerca – e nel complesso i dati mostrano la facilità con cui si tende ad identificare un minore rom con un minore maltrattato: molti operatori sono infatti convinti che la cultura rom sia mancante verso tutti i bambini e che non offra una tutela dell’infanzia".

Mons. Saviola ha parlato in proposito della necessità, anche da parte della politica, di "maggiore attenzione verso questo popolo che vive in mezzo a noi", auspicando i principi cristiani "dell’accoglienza, dell’ospitalità, della comprensione e soprattutto del rispetto della dignità umana". "Non dico – ha concluso – che i provvedimenti del governo siano contro questi valori ma vorrei sottolineare una maggiore attenzione verso questi problemi che ci coinvolgono tutti

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