La rete G2 scrive a Napolitano. "Chi meglio del suolo, del vissuto, può essere criterio per fare di un uomo o di una donna un cittadino?"
Roma – 10 gennaio 2008 – Italiani di fatto, stranieri per legge, i figli degli immigrati chiedono maggiore attenzione e una riforma della cittadinanza che dia loro finalmente gli stessi diritti dei coetanei.
In occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani, la rete G2, firmnata da figli di immigrati nati o cresciuti in Italia, ha inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
“Molti di noi, di origine straniera, sarebbero italiani se la legge per l’acquisizione della cittadinanza italiana li riconoscesse, e non lo sarebbero per concessione, Signor Presidente, ma per diritto, perché cresciuti in Italia sin da bambini. Perché noi siamo qui da sempre Presidente, e non può essere la sola regola del sangue come vuole la legge che qualcuno nel 1992 scelse per noi, a definirci.” scrivono i ragazzi di G2.
“Ci chiediamo continuamente: chi meglio del suolo, del vissuto, può essere criterio per fare di un uomo o di una donna un cittadino? Eppure certe domande non trovano ancora risposta”.
Oggi la vita delle seconde generazioni in Italia è difficile. “Siamo cresciuti qui, – spiegano – molti di noi anche nati in Italia, eppure veniamo percepiti come stranieri e incontriamo molti ostacoli perché ci vengano riconosciuti gli stessi diritti dei nostri coetanei, amici e fratelli di origine italiana, compagni di una vita”.
Un atteggiamento riscontrabile anche “quando si cerca di dividerci in classi integralmente separate dai nostri coetanei per garantirci il banco degli stranieri per sempre o quando costruiscono su di noi scenari di malesseri sociali riconducibili ad altri Paesi”.
“Auspichiamo una maggiore attenzione alla questione dei figli d’immigrati” concludono i nuovi italiani. “Oggi ancor più a quelli che si ritrovano senza cittadinanza dopo i 18 anni e non sono nati in Italia ma fin da bambini sono qui cresciuti perché per loro non è previsto nessun percorso specifico se non quello che seguono i loro stessi genitori”.
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EP