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Ddl sicurezza, l’Italia non sarà più la stessa

Dal reato di immigrazione clandestina, alla denuncia in ospedale degli irregolari; dalla immersione delle rimesse a nuove tasse sui rinnovi. Il rischio è quello di una frattura insanabile nella società. Roma, 12 febbraio 2009 – Forse non ce ne siamo accorti, ma il pacchetto di misure proposto dal Governo fin da maggio scorso e, ancora di più, gli emendamenti in continua proposizione da parte della Lega, stanno cambiando lo status dei 4 milioni di immigrati regolari che lavorano e vivono nel nostro Paese, senza contare la situazione del milione di irregolari: non più cittadini con diritti formalmente alla pari degli italiani, ma una società di serie B con norme e regolamenti a parte.

Famiglia Cristiana denuncia il precipitare dell’Italia verso leggi razziali. Un concetto certo radicale, anche se non del tutto privo di fondamento. Sono comunque norme volte ad aumentare la separazione tra italiani e non: dalla titolarità dei diritti, al godimento dei servizi; dalle condizioni di lavoro alle condizioni di vita nelle città.

Stabilito che la crisi economica e sociale rendeva gli italiani meno disposti alla solidarietà e che in una fase di crisi d’identità le società tendono naturalmente a chiudersi in se stesse, è bastato per qualcuno indicare nello straniero il nemico, ed il corresponsabile del malessere degli italiani. Fatti di cronaca ingigantiti, si sono aggiunti alle situazioni di dumping sociale nei luoghi di lavoro e nello (scarso) godimento dei servizi pubblici: più che sufficiente per far votare il partito più antistraniero e più che sufficiente per aumentare il grado di insofferenza verso gli immigrati.

Non c’è resistenza culturale o indignazione pubblica allo scempio del diritto che si sta compiendo con il ddl sicurezza: dal reato d’immigrazione clandestina (espulsione senza nulla osta del magistrato),  all’aggravante di clandestinità (pena aumentata di un terzo); dall’opzione di denuncia da parte dei medici, all’obbligo di denuncia dei funzionari dei money transfer per gli irregolari; dalle classi d’ingresso per bambini stranieri, al permesso di soggiorno a punti e supercostoso.

In fondo la Lega ha già vinto culturalmente, perché ha capito prima degli altri i cambiamenti sociali in corso e che il non governo dell’immigrazione produceva lacerazioni sociali evidenti. Forse è la politica  ad essere arrivata tardi. Certo è che oggi è più difficile risalire la china della solidarietà, e che l’opinione pubblica è pericolosamente più vicina a chi mostra i muscoli e incita ad essere “cattivi” con i malcapitati, privi di permesso.

Questa politica, certo porterà voti a qualcuno, ma è chiaro che è destinata solo ad aggravare i problemi.

Come UIL crediamo che non è con i proclami che si ferma l’immigrazione clandestina. Essa, anzi, è destinata ad aumentare vista la virtuale chiusura dell’Italia all’immigrazione regolare. La Uil ha recentemente denunciato la metastasi nella diffusione del sommerso: oggi quest’area produce da un quarto ad un terzo del PIL nazionale, e dà lavoro ad un crescente esercito di irregolari: come si può pensare che non vengano in Italia clandestinamente, quando sanno che è più facile trovare lavoro nero, piuttosto che regolare e che la trafila burocratica li condannerà a rimanere fuori?

Inoltre, la crisi economica colpisce prima di tutto il lavoro immigrato, aumentando il rischio dell’aumento dell’irregolarità. Non si può credere davvero che una persona, straniera di nascita, ma con famiglia ed interessi radicati in Italia, abbandoni tanto a cuor leggero il progetto della sua vita e torni nel suo paese solo perché ha perso il lavoro ed in sei mesi non ne ha potuto trovare uno nuovo.

Ancora, i demografi consigliano di guardare i processi sociali almeno nel medio periodo e le loro simulazioni econometriche dicono che l’Italia continuerà a necessitare di almeno 300 mila nuovi immigrati l’anno nei prossimi 20. Se non sciogliamo, allora, il nodo dei meccanismi d’ingresso e se non mettiamo davvero in grado di far incontrare fluidamente domanda ed offerta di lavoro regolare, il rischio è di ritrovarsi con un esercito di persone in condizione di irregolarità, intrappolate nel lavoro nero e senza futuro, disperate e dunque livide di rancore ed aggressive nei confronti degli italiani.

E’ tempo, noi della UIL crediamo, di guardare al tema immigrazione con un approccio radicale, spogliandoci dei vecchi concetti e delle vecchie sicurezze e ricercando soluzioni tutti insieme, al di là delle ideologie della destra e della sinistra, anche con chi la pensa in modo radicalmente diverso da noi.

Il primo punto riguarda gli ingressi: siamo in fase di crisi economica? D’accordo, allora misuriamo bene il numero delle persone necessarie da far entrare ma, prima di tutto, risolviamo in qualche modo l’enorme estensione delle presenze di immigrati irregolari in Italia. Pensiamo davvero di poter espellere un milione di persone? E moralmente giusto farlo? E’ materialmente possibile in Europa? Quanto ci costerebbe? E Cosa succederebbe nel mercato del lavoro e delle famiglie?

Noi della UIL crediamo che non sia giusto né possibile farlo e che vada privilegiata una qualche forma di emersione, magari in contrapposizione all’opzione di nuovi ingressi. Tanto lo sanno tutti che i decreti flussi vengono utilizzati da chi sta già qui. Rendiamolo palese allora, almeno eviteremo a questa gente di dover tornare inutilmente in patria per avere lì il visto d’ingresso per motivi di lavoro.

Il secondo punto è quello che gli inglesi chiamano “pull factor” dell’immigrazione irregolare. Da noi è chiaramente l’economia sommersa ad attrarre i senza permesso. Forse se fossimo più fiscali nel punire chi sfrutta i migranti irregolari, faremmo un favore a questi malcapitati  e soprattutto all’economia italiana. La UE ha recentemente approvato una direttiva per colpire i datori di lavoro che impiegano migranti in nero.

La nostra normativa già punisce in teoria chi assume un irregolare, ma finora solo sulla carta. Rendiamo più fiscali le misure per combattere il sommerso, ma attenzione a non colpire chi vorrebbe regolarizzare il proprio lavoratore immigrato, ma non può a causa della presente normativa.

Il terzo punto, è proprio la normativa sull’immigrazione: così com’è oggi, si ottiene l’opposto di quello che proposto in teoria. La Bossi Fini non fa incontrare domanda ed offerta di lavoro immigrato legale; al contrario: rende virtualmente impossibile entrare regolarmente per lavoro. Inoltre, oltre un milione di persone aspetta da più di un anno un rinnovo che, quando arriverà, sarà già scaduto. Così non va . Il meccanismo è troppo farraginoso e va semplificato radicalmente, pena l’aumento delle irregolarità.

La Bossi Fini va, a nostro parere, riformata. Non crediamo di avere la verità in tasca e siamo disposti a discutere con tutti, soprattutto con il governo in carica,  soluzioni condivise e bipartisan. Cgil, Cisl e UIL hanno chiesto da quasi un anno di incontrare il Ministro Maroni per parlare dei problemi veri e trovare soluzioni condivise. Perchè non ci riceve, Sig. Ministro? Il sindacato rappresenta oltre 700 mila lavoratori stranieri e anche noi, come Lei, crediamo di poter essere utili nella ricerca di soluzioni  e siamo dalla parte della legalità.

Una cosa appare certa: la politica degli annunci (cattivi) servirà forse a spaventare gli indifesi che magari non utilizzeranno mezzi legali per mandare i soldi alla propria famiglia e non andranno, purtroppo, neanche a farsi curare in ospedale. Non spaventa comunque chi rischia la vita per attraversare il deserto ed il Mediterraneo.

Continueranno a venire, Sig. Ministro, soprattutto come overstayers. E ripetiamo a Lei, quanto abbiamo già detto al precedente Esecutivo: una società democratica non può tollerare a lungo una forte presenza di irregolari e condizioni di dumping sociale, senza che questo provochi lacerazioni di cui abbiamo testimonianza tutti i giorni  sui giornali ed in televisione.

Guglielmo Loy Segretario confederale Uil
Giuseppe Casucci Coordinatore nazionale Politiche migratorie Uil

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