La Cassazione: “L’Italia non equipara l’unione al matrimonio”. Bocciato il ricorso di una coppia omosessuale
Roma – 19 marzo 2009 – Le coppie di fatto non hanno diritto al ricongiungimento familiare, anche se la loro unione è riconosciuta nel paese d’origine del cittadino straniero.
Lo ha ribadito la Prima sezione civile della Cassazione, bocciando (con la sentenza 6441) il ricorso di D.W., un cittadino neozelandese. Questo ha un compagno livornese, ma si è visto negare la conversione del suo permesso di studio in permesso familiare, nonostante avesse esibito una certificazione neozelandese sulla loro unione.
Secondo la Suprema Corte, legittimamente il giudice di merito ha negato il ricongiungimento familiare a D.W. in quanto il neozelandese "non e’ cittadino di uno stato dell’Unione Europea" e perché comunque "l’equiparazione dell’unione registrata al matrimonio, al fine del riconoscimento della qualità di ‘familiare’ e quindi del diritto di ingresso e di soggiorno, deve essere prevista dalla legislazione nazionale dello stato ospitante".
Inutilmente la coppia di fatto, dopo che la Corte d’appello di Firenze, nel luglio 2000, aveva respinto la richiesta di ricongiungimento, ha fatto ricorso in Cassazione. I due sottolineavano che non si chiedeva il riconoscimento di uno ‘status’ giàv acquisito dallo straniero nell’ordinamento neozelandese, ma soltanto il rilascio del permesso di soggiorno "per motivi familiari".
La Prima sezione civile ha bocciato il ricorso di D. W. e del suo compagno, evidenziando che il ricongiungimento si puo’ applicare soltanto nei casi del "coniuge" dei "figli minori", di "figli maggiorenni non autosufficienti per ragioni di salute", e di "genitori a carico che non dispongano di adeguato sostegno familiare nel paese di origine o di provenienza". Inoltre, che "la mancata equiparazione al coniuge del partner di unione registrata o attestata, ai fini della disciplina dell’immigrazione, non appare in contrasto con alcun principio costituzionale".