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TAR veneto Sentenza del 23 marzo 2009 rapporto di lavoro fittizio non sufficiente per negare rinnovo

TAR veneto Sentenza del 23 marzo 2009 rapporto di lavoro fittizio non sufficiente per negare il rinnovo del permesso di soggiorno.
TAR veneto Sentenza n. 745 del 23 marzo 2009 rapporto di lavoro fittizio non sufficiente per negare il rinnovo del permesso di soggiorno.
Nel caso in specie, il Questore della provincia di Treviso ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, formulando un giudizio di pericolosità sociale fondato sull’esistenza di due procedimenti penali, per i reati di invasione di immobili e rapina, oltre ad un decreto penale di condanna per il reato falsa dichiarazione a pubblico ufficiale della propria identità, nonché per l’allegazione, nella domanda di rinnovo, di un rapporto di lavoro che la Questura ritiene di carattere fittizio.
Tale provvedimento è impugnato dal cittadino straniero titolare del permesso non rinnovato per le censure di violazione dell’art. 5, comma 5, del Dlgs. n. 286 del 1998, deducendo la propria continuità lavorativa nel periodo antecedente e successivo al rapporto di lavoro contestato, nonché di difetto di motivazione e di istruttoria in ordine al giudizio di pericolosità sociale di cui difetterebbero i presupposti.
Nel corso del giudizio e, in particolare, con documentazione depositata il 7 maggio 2008, è stata dimostrata l’intervenuta assoluzione dal reato di invasione di immobili perché il fatto non sussiste, dal reato di danneggiamento perché il fatto non costituisce reato, e dal reato di rapina per non aver commesso il fatto. Rimane un decreto penale di condanna per il reato falsa dichiarazione a pubblico ufficiale della propria identità, che di per sé, per la sua tenuità, secondo l’id quod plerumque accidit, non appare rivelatore della capacità e della propensione a delinquere del soggetto.
Anche l’altro capo di motivazione del provvedimento impugnato, ove si contesta al ricorrente di aver allegato alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno un rapporto di lavoro che la Questura ritiene fittizio, risulta illegittimo perché in contrasto, come dedotto con il primo motivo, con l’art. 5, comma 5, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286. Come già osservato in molteplici pronunce di questo Tribunale, la produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro ritenuto fittizio, laddove l’interessato sia in grado di dimostrare di essere in possesso, al momento dell’adozione del provvedimento negativo da parte della Questura, di adeguato e lecito reddito, non è sufficiente per negare il rinnovo del permesso di soggiorno. Per ciò il ricorso viene accolto.

Ric. n. 686/2008                              Sent. n. 745/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso  di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
 Angelo De Zotti  Presidente 
Marco Buricelli  Consigliere
 Stefano Mielli  Primo Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 686/2008, proposto da EZ ZAHIRI MOULAY KHALID, rappresentato e difeso dall’avv.to Nadia Anzanello, con elezione di domicilio presso lo studio dello stesso in Venezia Mestre, via Manin 43;
contro
l’Amministrazione dell’Interno, in persona del ministro  pro tempore,  non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento del provvedimento del 25 febbraio 2008, notificato il 31 marzo 2008, Cat. A.12/2008-Imm con cui il Questore della provincia di Treviso ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti tutti di causa;
udito nella pubblica udienza del 26 febbraio 2009 – relatore il primo referendario Stefano Mielli – l’avv. Anzanello per la parte ricorrente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente impugna il provvedimento con il quale la Questura della provincia di Treviso ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, formulando un giudizio di pericolosità sociale fondato sull’esistenza di due procedimenti penali, per i reati di invasione di immobili e rapina, oltre ad un decreto penale di condanna per il reato falsa dichiarazione a pubblico ufficiale della propria identità, nonché per l’allegazione, nella domanda di rinnovo, di un rapporto di lavoro che la Questura ritiene di carattere fittizio.
Tale provvedimento è impugnato per le censure di violazione dell’art. 5, comma 5, del Dlgs. n. 286 del 1998, deducendo la propria continuità lavorativa nel periodo antecedente e successivo al rapporto di lavoro contestato, nonché di difetto di motivazione e di istruttoria in ordine al giudizio di pericolosità sociale di cui difetterebbero i presupposti.
La VI Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4873 del 16 settembre 2008, in sede di appello, ha motivatamente accolto la domanda cautelare proposta in primo grado, che era stata respinta con ordinanza del Tribunale n. 320 del 7 maggio 2008.
Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.
In ordine alla ritenuta pericolosità sociale, il Collegio osserva quanto segue.
Risultano fondate le censure di difetto di istruttoria, di motivazione e di carenza di presupposti, in quanto, al momento in cui è stato formulato il diniego, è mancato un autonomo apprezzamento dei fatti da parte dell’autorità amministrativa idoneo a valutare gli episodi oggetto di indagine nel contesto di un più ampio esame della personalità del ricorrente, tanto più necessario in quanto non si trattava di fatti già accertati a seguito di una condanna penale, ed inoltre, deve rilevarsi, sono venuti meno gli stessi presupposti fattuali sulla base dei quali è stato formulato il giudizio della Questura.
Invero, nel corso del giudizio e, in particolare, con documentazione depositata il 7 maggio 2008, è stata dimostrata l’intervenuta assoluzione dal reato di invasione di immobili perché il fatto non sussiste, dal reato di danneggiamento perché il fatto non costituisce reato, e dal reato di rapina per non aver commesso il fatto.
Rimane un decreto penale di condanna per il reato falsa dichiarazione a pubblico ufficiale della propria identità, che di per sé, per la sua tenuità, secondo l’id quod plerumque accidit, non appare rivelatore della capacità e della propensione a delinquere del soggetto.
Anche l’altro capo di motivazione del provvedimento impugnato, ove si contesta al ricorrente di aver allegato alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno un rapporto di lavoro che la Questura ritiene fittizio, risulta illegittimo perché in contrasto, come dedotto con il primo motivo, con l’art. 5, comma 5, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Come già osservato in molteplici pronunce di questo Tribunale, la produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro ritenuto fittizio, laddove l’interessato sia in grado di dimostrare di essere in possesso, al momento dell’adozione del provvedimento negativo da parte della Questura, di adeguato e lecito reddito, non è sufficiente per negare il rinnovo del permesso di soggiorno.
Il diniego infatti, non può farsi derivare direttamente dalla disposizione di cui all’art. 5, comma 8 bis, del Dlgs. n. 286 del 1998 che è la norma penale incriminatrice priva di immediata valenza in sede amministrativa; né dall’art. 4, comma 2, (il quale dispone che “la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda”) in quanto trattasi di norma speciale (a fattispecie esclusiva) riferita soltanto al visto di ingresso, cui non può attribuirsi portata generale, applicabile anche al permesso di soggiorno.
In mancanza di una condanna penale pertanto, l’unica conseguenza derivante dalla produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio, è la sua inutilizzabilità nel periodo di riferimento, con conseguente mancata dimostrazione del possesso dei requisiti concernenti al reddito.
Secondo un indirizzo giurisprudenziale fatto proprio anche da questo Tribunale (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 5 ottobre 2007, n. 3177; id 24 luglio 2007, n. 2588; Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 giugno 2007, n. 2988; id. 22 maggio 2007, 2594; Tar Lazio, Roma, Sez. II Quater, 3 ottobre 2007, n. 9717), bisogna tener conto – ai sensi dell’art. 5, comma 5, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, – degli elementi sopraggiunti prima della decisione dell’Autorità amministrativa, per verificare se siano presenti elementi che consentano di concludere che requisiti originariamente mancanti risultino successivamente posseduti.
Infatti la valutazione sui requisiti va riferita al momento in cui l’Autorità amministrativa si pronuncia, occorrendo tener conto delle condizioni attuali dello straniero (cfr. Cass. 3 febbraio 2006, n. 2417).
Nel caso all’esame il rapporto di lavoro oggetto di contestazione riguarda l’anno 2006, e risulta essere stata omessa ogni considerazione circa la continuità della situazione lavorativa del ricorrente nel biennio successivo, documentata con il deposito in giudizio di copia delle buste paga e dell’estratto conto dell’Inps.
Il ricorso è pertanto fondato e va accolto per le censure relative all’insufficienza di istruttoria, di motivazione e di carenza di presupposti relativamente al giudizio di pericolosità sociale, e l’omessa considerazione delle attuali condizioni dello straniero al momento dell’adozione del provvedimento impugnato atte a comprovare la sussistenza di fonti lecite di sostentamento.
La peculiarità delle vicende oggetto del giudizio induce tuttavia a disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 26 febbraio 2009.
Il Presidente                           l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

 

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