TAR Emilia Romagna Sentenza del 24 aprile 2009 legittimo diniego rinnovo pds
TAR Emilia Romagna Sentenza n. 546 del 24 aprile 2009 legittimo diniego rinnovo pds
Nel caso di specie il Tar dell’Emilia Romagna rigetta il ricorso presentato da un cittadino senegalese avverso il provvedimento del Questore di Ravenna in data 30 aprile 2005 di rigetto dell’istanza di rinnovo del suo permesso di soggiorno. In proposito il Collegio, sulla base della documentazione versata in atti dalla resistente Amministrazione, osserva che il ricorrente in data 20 febbraio 2003 veniva condannato con sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. – passata in giudicato il 8 aprile 2003 – alla pena di tre mesi di reclusione e 1200,00 € di multa per i reati p. e p. dall’articolo 648, comma 2, del c.p. e dall’articolo 171 ter, comma 2 lettera b) in relazione al comma 1 lettera d), della legge 22 aprile 1941 n. 633 per aver acquistato e detenuto per la vendita CD musicali duplicati abusivamente.
Ebbene, l’articolo 1 comma 8 lettera c) della legge 222 del 2002 (di conversione del decreto legge n. 195 del 2002) esclude dalla regolarizzazione del lavoro nero i lavoratori extracomunitari che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato. La condanna subita dal cittadino suddetto riguarda fattispecie criminose ricomprese nell’articolo 381 c.p. e quindi ex lege ostative alla regolarizzazione del rapporto di lavoro e al conseguente rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Pertanto, la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge costituisce legittimo impedimento alla conclusione del procedimento di regolarizzazione ed elemento ostativo al soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato e come tale giustifica il diniego di permesso di soggiorno motivato con espresso richiamo agli ostativi precedenti penali.
N. 00546/2009 REG.SEN.
N. 00751/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 751 del 2005, proposto da:
Aw Amadou Boubacar, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Berardi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Susanna Zaccaria in Bologna, Strada Maggiore 20;
contro
Ministero dell’Interno e Questura di Ravenna, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria per legge in Bologna, via Guido Reni 4;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del decreto 30 aprile 2005 del Questore di Ravenna con cui è stata rigettata l’istanza del ricorrente volta a ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle intimate Amministrazioni.
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2009, relatore il Cons. Rosaria Trizzino, i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Il ricorso in epigrafe è rivolto avverso il provvedimento del Questore di Ravenna in data 30 aprile 2005 di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal cittadino senegalese ricorrente, a carico del quale risultano precedenti penali ed elementi ostativi al soggiorno sul territorio nazionale.
2. – A sostegno del gravame il ricorrente, con i primi due articolati motivi deduce la violazione dell’articolo 1, comma 8 lettera c) del d.l. 9 settembre 2002 n. 195 convertito con modificazioni nella legge 9 ottobre 2002 n. 222, l’eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria in ordine ai presupposti su cui poggia l’impugnato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno; con il terzo motivo la violazione di legge per omessa traduzione del provvedimento e mancata concessione delle garanzie difensive.
2.1 – Le intimate Amministrazioni si sono costituite in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso e dell’istanza cautelare.
Con ordinanza 30 giugno 2005 n. 617- confermata dalla sesta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza 31 gennaio 2006 n. 510) – questo Tribunale respingeva la richiesta sospensione ritenendo la condanna subita dal ricorrente con la sentenza 20 febbraio 2003 assolutamente ostativa alla regolarizzazione del 7 giugno 2003 ai sensi dell’articolo 1, comma 8 lettera c) del decreto legge n. 195 del 2002 citato.
3. Il ricorso è infondato.
In proposito il Collegio, sulla base della documentazione versata in atti dalla resistente Amministrazione, osserva:
– il ricorrente con le diverse generalità di Doudou Aw in data 20 febbraio 2003 veniva condannato con sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. – passata in giudicato il 8 aprile 2003 – alla pena di tre mesi di reclusione e 1200,00 € di multa per i reati p. e p. dall’articolo 648, comma 2, del c.p. e dall’articolo 171 ter, comma 2 lettera b) in relazione al comma 1 lettera d), della legge 22 aprile 1941 n. 633 per aver acquistato e detenuto per la vendita CD musicali duplicati abusivamente e sprovvisti del prescritto timbro Siae (fattispecie accertata il 11 dicembre 2001 in Marina di Ravenna)
– l’articolo 1 comma 8 lettera c) della legge 222 del 2002 (di conversione del decreto legge n. 195 del 2002) esclude dalla regolarizzazione del lavoro nero i lavoratori extracomunitari che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del codice di procedura penale, ovvero risultino destinatari dell’applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione;
– nella specie, il procedimento penale a carico del ricorrente si è concluso con sentenza irrevocabile di condanna, conseguentemente la sentenza della Corte Costituzionale18 febbraio 2005, n. 78, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale della lettera c) nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 c.p.p. prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza, non spiega alcun effetto a favore del ricorrente;
– la condanna subita da Aw Amadou Boubcar, con l’alias di Aw Doudou riguarda fattispecie criminose ricomprese nell’articolo 381 c.p. e quindi ex lege ostative alla regolarizzazione del rapporto di lavoro e al conseguente rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
– a parte ciò va pure rilevato che la suddetta sentenza – riguardando anche violazioni della legge sul diritto di autore – costituisce preclusione assoluta alla permanenza del ricorrente sul territorio italiano ai sensi dell’art. 26, comma 7bis D.lgs. 286 del 1998 (come modificato proprio dalla L. 189/02), sicché il ricorrente – in disparte ogni considerazione sui principi di irretroattività, favor rei ed affidamento, per il caso di condanna per fatto anteriore all’entrata in vigore della legge – potrebbe non avere neppure interesse ad agire per l’annullamento del provvedimento impugnato, posto che comunque non potrebbe ottenere il bene della vita domandato (il rinnovo del permesso di soggiorno).
3.1 – Ciò posto, il Collegio deve in ogni caso sottolineare che le disposizioni normative dettate dal D.L. n. 195/2002 introducono benefici a favore di soggetti in posizione comunque irregolare che non avrebbero altrimenti titolo a permanere nel territorio nazionale.
Proprio in relazione alla peculiarità di tali disposizioni deve ritenersi legittima la sottoposizione della fruizione di tale beneficio a limiti e condizioni, quali – per quanto qui interessa – la qualificazione di elemento ostativo alla regolarizzazione la condanna per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p.
Di conseguenza, la mancanza dei requisiti richiesti da tale speciale legislazione costituisce legittimo impedimento alla conclusione del procedimento di regolarizzazione ed elemento ostativo al soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato e come tale giustifica il diniego di permesso di soggiorno motivato con espresso richiamo agli ostativi precedenti penali.
L’impugnato diniego, dunque, non incorre nelle censure di violazione di legge ed eccesso di potere dedotte con i primi due motivi di ricorso.
3.2 – In merito alla violazione di legge dedotta con il terzo motivo in ordine all’omessa traduzione del provvedimento impugnato e alla mancata concessione di garanzie difensive il Collegio deve, invece, richiamare il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. per tutte Consiglio di Stato, VI, 21 maggio 2007 n. 2552) secondo cui, ai fini del giudizio instaurato per l’impugnazione di un atto preclusivo in tema di permanenza dello straniero nel territorio dello Stato, l’eventuale mancata traduzione del provvedimento in lingua conosciuta dall’interessato costituisce semplice irregolarità, suscettibile in ipotesi di riflettersi sui termini di impugnazione, senza che ciò comporti l’annullabilità e, tantomeno, la nullità del provvedimento stesso.
Tale conclusione trova conforto nella disposizione di cui all’articolo 2 comma 6 del T.U. n. 286/1998 che prescrive la traduzione "dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione", espressamente, "ai fini della comunicazione", riferendosi dunque ad un elemento estrinseco al contenuto essenziale dell’atto e rilevante nella fase dell’integrazione dell’efficacia.
La conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di traduzione, quindi, si manifesta nel salvaguardare il diritto di difesa del destinatario, reintegrandolo nelle sue facoltà impugnatorie laddove, a fronte della mancata traduzione, non abbia tempestivamente proposto il ricorso giurisdizionale (evenienza che, nel caso di specie, non si è verificata).
4. – Il ricorso va pertanto respinto.
Peraltro, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese e competenze del giudizio.
P.Q.M.