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Le tasse degli immigrati

Quasi 7 miliardi di euro di contributi previdenziali nel 2007, circa il 4 per cento del totale. Ai quali si aggiungono oltre 3 miliardi tra Irpef, Iva, imposte per il lavoro autonomo e sui fabbricati. Quello dei lavoratori stranieri è un apporto sempre più rilevante, ma per una seria analisi sui costi e i benefici dell’immigrazione servirebbe una commissione tecnica indipendente

27 aprile 2009 – Troppo spesso, in Italia, il dibattito su un tema delicato come l’immigrazione assume connotati ideologici e preconcetti, mentre la percezione del fenomeno tende a sottovalutare gli aspetti di carattere economico-finanziario.

L’apporto lavorativo degli immigrati stranieri in Italia nell’anno 2006 è stato di oltre 122 miliardi di euro, pari al 9,2 per cento del Pil nazionale. (1) Un contributo di rilievo, quindi, concentrato prevalentemente nei servizi alla persona e nell’industria, in particolare nel settore delle costruzioni. Notevole anche la presenza nel settore agricolo.

I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI

Negli ultimi anni l’apporto dei lavoratori stranieri regolari è diventato sempre più importante non solo sul versante produttivo, ma anche su quello fiscale, contributivo e dei consumi.

Partendo dai dati Inps, è possibile calcolare il gettito contributivo ed è possibile ottenere una stima realistica del gettito fiscale. (2)

In questa sede ci si riferisce all’analisi dell’incidenza economica delle presenze in condizione di regolare soggiorno perché, come è ovvio, i lavoratori irregolari possono produrre un beneficio per le singole imprese o famiglie, ma non per l’erario pubblico.

I conti che si propongono sono stati effettuati sulla base di ipotesi che vengono di volta in volta esplicitate. Ne emerge un quadro meritevole di ulteriori approfondimenti, ma che può dare un’idea dell’ordine di grandezza del fenomeno.
Nel 2007 i lavoratori stranieri iscritti all’Inps risultavano 2.173.545, dei quali 1.788.561 dipendenti, 270.964 autonomi e 114.020 parasubordinati, pari al 7 per cento delle forze di lavoro complessive.

Prendendo in considerazione i contributi versati a carico del lavoratore e quelli a carico dell’impresa e le tre diverse aliquote contributive, l’ammontare economico contributivo generato dal lavoro degli immigrati (fonte: Inps nazionale) risulta di 6,4 miliardi euro tra i lavoratori dipendenti (aliquota contributiva del 30 per cento, suddivisa tra 9,19 per cento a carico del lavoratore, pari a quasi 2 miliardi di euro, e 20,81 per cento a carico dei datori di lavoro, pari a 4,4 miliardi), 317 milioni di euro per gli autonomi (aliquota contributiva del 20 per cento) e 242 milioni per i parasubordinati (aliquota contributiva del 24 per cento) per un totale di quasi 7 miliardi di euro, dei quali oltre 2,5 miliardi provenienti direttamente dai lavoratori. (3)

Questa cifra rappresenta circa il 4 per cento di tutti i contributi previdenziali versati in Italia nel 2007.

IL GETTITO FISCALE

L’Inps ha reso noto i redditi da lavoro 2006 dei lavoratori stranieri, qui adeguati al tasso di inflazione 2007: risultano in media di 11.922 euro pro-capite, inferiori di circa il 40 per cento al reddito medio dei lavoratori italiani, soprattutto a causa dell’alto numero dei contratti temporanei e a tempo parziale in settori come quello agricolo e del lavoro di cura.

Il gettito Irpef dei lavoratori stranieri ammonta a oltre 1 miliardo e 336 milioni di euro, cui vanno sommati circa 209 milioni di addizionali regionali e circa 60 milioni di addizionali comunali, applicando un’aliquota media del 6,9 per cento, che comprende le detrazioni da lavoro dipendente, per il livello di reddito indicato e tenendo conto che il 42,4 per cento dei lavoratori stranieri risulta privo di carichi famigliari (fonte: Istat).

Per quanto riguarda i consumi si può individuare un’aliquota media del 6,15 per cento, relativa al decile più basso di reddito, pari all’82 per cento dell’aliquota media del 7,5 per cento. Si è stimato che il reddito guadagnato sia interamente consumato, tranne che per il 10 per cento, destinato a rimesse verso i paesi d’origine. Si ottiene così un valore di oltre 1 miliardo di euro di imposte sui consumi.

Per quanto riguarda il lavoro autonomo, si fa riferimento alla normativa che prevede l’applicazione del “regime sostitutivo per nuove iniziative”, con una tassazione dei redditi prodotti nella misura del 10 per cento a titolo di imposta sostitutiva, opzionabile per i primi tre anni di attività. (4) Ipotizzando un reddito medio annuo di 15mila euro, il gettito a tale titolo somma a circa 204 milioni di euro.

Partendo dai dati relativi alle unità immobiliari acquistate dagli immigrati nel 2007 (fonte: Scenari Immobiliari) è possibile stimare i valori relativi a imposte ipotecarie, catastali e di registro per un valore totale di oltre 211 milioni di euro. (5)

Emerge in conclusione un gettito fiscale di oltre 3 miliardi e 106 milioni di euro. Èun risultato tuttavia parziale perché non tiene conto di altre imposte come Ires, Irap, oli minerali e lotterie, per le quali il gettito riconducibile agli immigrati è sì più ridotto, secondo le stime, ma non inesistente.

UNA COMMISSIONE DI INDAGINE

L’apporto contributivo e fiscale dei lavoratori immigrati comincia ad assumere dimensioni rilevanti, proprio perché cresce la loro presenza tra gli occupati nel mercato del lavoro nazionale.

L’incidenza dell’apporto fiscale appare meno evidente di quello contributivo (circa l’1 per cento del gettito Irpef nazionale), per l’ampiezza della platea dei contribuenti, che in questo caso comprende anche i pensionati, e per la progressività delle aliquote.

Direttamente dalle buste paghe dei lavoratori immigrati provengono tuttavia circa 2,5 miliardi di contributi previdenziali, escludendo quelli a carico delle imprese, e 3,1 miliardi di gettito fiscale, per un totale di 5,6 miliardi di euro.

Il basso livello dei redditi, che si traduce in un minore gettito fiscale, viene  compensato da una struttura di welfare italiano orientata prevalentemente (circa all’80 per cento della spesa) verso le prestazioni previdenziali e i servizi socio-sanitari per gli anziani. Di questa struttura, tuttavia, gli immigrati beneficiano oggi  solo in minima parte, anche perché la normativa in vigore permette loro il pensionamento soltanto al compimento dei sessantacinque anni. E occorre ricordare che l’età media degli immigrati in Italia è oggi di 31 anni, mentre quella degli italiani è di 45. Il loro contributo alle finanze pubbliche potrebbe quindi essere più accuratamente valutato in un contesto di conti intergenerazionali.

Una analisi dei costi dell’accesso degli immigrati ai servizi di welfare è possibile raccordando i dati dei ministeri con quelli delle regioni e degli enti locali. Ma è doverosa una premessa: effettuare il calcolo a costi standard (che comprendono le retribuzioni del personale) o a costi marginali (come incremento della spesa imputabile a una variazione al margine degli utenti negli ultimi anni) può portare a risultati molto diversi.

Se si vuole rendere più concreta e seria l’analisi sui costi e i benefici dell’immigrazione, è necessario istituire, come in altri paesi europei, una commissione tecnica indipendente di indagine, con il compito di individuare  metodologia e indicatori e di redigere un rapporto periodico sulla materia.

Andrea Stuppini
Rappresentante delle Regioni nel Comitato tecnico nazionale sull’immigrazione.
(tratto dal sito www.lavoce.info)

 
(1) La fonte è il Centro Studi Unioncamere, Istituto Guglielmo Tagliacarne.
(2) Si utilizzano le banche dati dei lavoratori e redditi lordi, anno 2007.
(3) F. Papa e G. Maddaluna “I giovani stranieri danno ossigeno ai conti del welfare” Il Sole 24Ore, 1 settembre 2008.
(4) Articolo 13 della legge 388/2000.
(5) G.Catania e E. Pavolini “Il contributo finanziario degli immigrati: stima del Dossier”, Caritas-Migrantes: Immigrazione. Dossier Statistico 2008. Per quanto attiene alle imposte catastali, ipotecarie e di registro sono state applicate le agevolazioni prima casa, attribuendo alle prime due imposte 168 euro in cifra fissa, mentre per l’imposta di registro è stata considerata un’aliquota del 3 per cento.

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