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La crisi economica non ferma gli immigrati

Pittau (Caritas): “L’Italia è ancora una meta allettante, si rischia un aumento del lavoro irregolare”. Con i Paesi d’origine in difficoltà, la pressione crescerebbe

Roma – 29 aprile 2009 – Le proiezioni dell’Istat sui residenti stranieri in Italia nei prossimi  vent’anni vedono una crescita inarrestabile: saranno  5,3 milioni nel 2015, 6,3 nel 2020, 7,2 milioni nel 2025 e 8 milioni nel 2030, quando rappresenteranno il 13% della popolazione.

Numeri rilanciati nel suo ultimo rapporto anche dalla fondazione Ismu (Iniziative e studi sula multi etnicità), che si aspetta  novità sui paesi di provenienza. “Nei prossimi anni si esaurirà la spinta di lavoratori dai Paesi dell’Est, che continueranno a reggere sul fronte dei ricongiungimenti familiari, ma vedremo crescere gli arrivi dall’Africa sub sahariana” dice il ricercatore Alessio Menonna.

Ma la crisi economica non spinge a rivedere i numeri, almeno a breve termine? “È presto per capire gli effetti della crisi, ma io non penso ci saranno grosse flessioni.  Quest’anno – spiega Menonna –  arriveranno meno romeni perché chi voleva venire l’ha già fatto, ma comunque per l’inizio del 2010 mi aspetto almeno 350mila stranieri in più”.

Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico immigrazione della Caritas, non crede che un’Italia in difficoltà economica fermi l’immigrazione: “Rimaniamo una meta allettante. In Italia, male che si sta, si sta meglio che in molti altri Paesi, e se il governo ferma i flussi d’ingresso  vedremo crescere i ricongiungimenti. Insomma si cercherà comunque un canale per entrare”.

“La mia paura – aggiunge Pittau – è che diminuisca l’occupazione ufficiale e aumenti quella in nero. Chi ha veramente bisogno di un’assistente familiare, di un operaio o di un bracciante, vi rinuncerà? La crisi può tradursi nell’aumento del lavoro irregolare con tutte le sue conseguenze negative. E se arriva anche nei Paesi d’origine, la pressione sarà più forte”.

Difficile che la tempesta economica risparmi i Paesi d’origine. "La crisi ha preso una nuova direzione. Quella che era una crisi delle economie avanzate sta ora avendo un duro impatto su quelli in via di sviluppo e in transizione" ha annunciato domenica scorsa il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, intervenendo a Washington al Development committee.

Le difficoltà interne non spingeranno più persone a partire? “Nessuno sa cosa aspettarsi da una crisi globale in tempi di grandi migrazioni” scriveva qualche mese fa The Economist. Il settimanale riportava però uno studio dell’americano Migration Policy Institute, secondo il quale se il valore reale dei salari in Messico scendesse del 10%, i tentativi di immigrare illegalmente negli Usa salirebbero dell’ 8.7%.

“In Europa – concludeva il settimanale – la crisi ha sollecitato alcuni a rimpatriare dai paesi ricchi, ma se le economie dei Paesi dell’Est rallentassero, i migranti deciderebbero di rimanere. Lavoratori giovani e single potrebbero scegliere di andarsene, ma le famiglie di migranti potrebbero concludere che il welfare di Paesi ricchi è più conveniente di un ritorno a casa”.

Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’Università di Milano Bicocca, è cauto: “Credo che la crisi, insieme a un inasprimento delle leggi sull’immigrazione, abbia attenuato l’effetto richiamo dell’Italia. È passato il tam tam che non ci sono più le opportunità di prima”.

“Solo se colpisse gravemente i Paesi d’origine, – commenta il demografo  – avremmo nuove masse di disperati in movimento. Ma avverrebbe in un secondo momento e comunque, se come molti credono la crisi rientrerà nel 2010, non ci sarà questo contraccolpo”.

In questo scenario si inserisce il recente allarme dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni preoccupata  per le restrizioni sull’immigrazione imposte da molti governi. “Provare a combattere la crisi tagliando l’immigrazione peggiora la situazione” ha spiegato l’Oim,  sottolineando come questo aumenta il rischio di xenofobia e va a minare la stabilità economica dei Paesi d’Origine.

“Non si può semplicemente spazzare via l’immigrazione” ha detto  Jean-Philippe Chauzy, responsabile comunicazione dell’Oim. “Sbattere le porte in faccia ai lavoratori stranieri, spingerà solo più persone nelle mani degli sfruttatori e dei trafficanti, e renderà chi è senza permesso ancora più vulnerabile nei Paesi di destinazione”.

Elvio Pasca

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