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Consiglio Stato 28 aprile 2009 Legittima revoca pds lavoro autonomo presenza reati diritti d’autore

Consiglio di Stato – VI Sezione  – Sentenza n. 2560 del 28 aprile 2009
E’ legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo ex art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998 fondato sulla circostanza che, con sentenza passata in giudicato, l’attuale appellante era stato condannato per il delitto di cui all’art. 474 c.p..
In base all’art. 26, d.lgs. n. 286/1998, nella formulazione introdotta dall’art. 21, l. n. 189/2002, la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, l. 22 aprile 1941 n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli artt. 473 e 474 c.p., quali la ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. La revoca del permesso di soggiorno e la necessità di espulsione con accompagnamento alla frontiera, sono condizioni impeditive del rinnovo del permesso di soggiorno. La norma in commento non fa distinzioni in relazione al tipo di rito processuale penale seguito per giungere alla condanna definitiva del ricorrente: ne consegue che anche la sentenza di patteggiamento per i predetti reati legittima la revoca del permesso e l’espulsione.
La revoca del permesso non rappresenta un effetto penale ovvero una sanzione accessoria alla condanna bensì un effetto di natura amministrativa che la legge fa discendere dal fatto storico costituito dall’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice sintomatico della pericolosità sociale o, quanto meno, della non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia, del comportamento dello straniero.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2560/2009
Reg.Dec.
N. 7332 Reg.Ric.
ANNO   2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 7332/2008, proposto da ZAOUI EL ARBI, cittadino marocchino, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi MAMONE, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luca RANALLI, in Roma, via Antonio Pollaiolo, n. 5;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Prefettura di Reggio Calabria, non costituita;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Reggio Calabria, 1° luglio 2008 n. 351.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Vista l’ordinanza Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2008 n. 5526 con cui è stata accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009 il Consigliere Rosanna De Nictolis;
Uditi l’avvocato Cuonzo, su delega dell’avv. Mamone, per l’appellante e l’avvocato dello Stato Maddalo per l’amministrazione appellata;
Ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Con decreto del 15 marzo 2006 il Questore di Reggio Calabria rigettava l’istanza presentata dall’odierno appellante, cittadino marocchino, finalizzata al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo. Il rigetto si fonda sull’art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998, ed è motivato dalla circostanza che con sentenza passata in giudicato il richiedente era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione e di 400 euro di multa per il delitto di cui all’art. 474 c.p.
La condanna penale è del 2005, e il reato per cui è stata inflitta risulta commesso nel 2004.
1.1. Contro tale decreto l’interessato proponeva ricorso gerarchico al Prefetto di Reggio Calabria, che veniva respinto con decreto 3 agosto 2006.
1.2. Avverso tale decreto è stato proposto ricorso al Tar, respinto con la sentenza in epigrafe.
1.3. Contro la sentenza si rivolge il presente appello.
2. Con ordinanza della VI sezione resa all’udienza del 17 ottobre 2008, è stata accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata, sotto il profilo del periculum in mora.
3. Con il primo motivo di appello si lamenta che la sentenza non ha tenuto conto che il ricorrente si era dotato di stabile lavoro e risiedeva da molti anni in Italia, elementi che integrano i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno.
4. La censura non è meritevole di accoglimento.
4.1. In base all’art. 26, d.lgs. n. 286/1998, nella formulazione introdotta dall’art. 21, l. n. 189/2002, la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, l. 22 aprile 1941 n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli artt. 473 e 474 c.p., quali la ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
4.2. La revoca del permesso di soggiorno e la necessità di espulsione con accompagnamento alla frontiera, sono condizioni impeditive del rinnovo del permesso di soggiorno.
4.3. La norma in commento non fa distinzioni in relazione al tipo di rito processuale penale seguito per giungere alla condanna definitiva del ricorrente: ne consegue che anche la sentenza di patteggiamento per i predetti reati legittima la revoca del permesso e l’espulsione.
La revoca del permesso non rappresenta un effetto penale ovvero una sanzione accessoria alla condanna bensì un effetto di natura amministrativa che la legge fa discendere dal fatto storico costituito dall’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice sintomatico della pericolosità sociale o, quanto meno, della non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia, del comportamento dello straniero.
4.4. Non assume rilievo la circostanza che il ricorrente è padre di figlio minore che vive in Italia, trattandosi di minore nato in Italia e non ricorrendo, pertanto, i presupposti normativi del ricongiungimento familiare. Si esula, pertanto, dall’ambito di applicazione della direttiva comunitaria 22 settembre 2003 n. 2003/86/CEE (in vigore dal 3 ottobre 2003 e scaduta il 3 ottobre 2005, e dunque in astratto applicabile ratione temporis), per difetto del presupposto essenziale della presentazione di una domanda di ricongiungimento familiare.
Pertanto, in difetto di tale presupposto essenziale, neppure assume rilevanza la questione del corretto recepimento della direttiva 2003/86/CEE, e segnatamente del suo art. 6, co. 2, da parte del d.lgs. n. 5/2007, che ha novellato solo l’art. 5, co. 5, e l’art. 13, con inserimento di un co. 2-bis, e non anche l’art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998 (v. Corte cost. 20 novembre 2008 n. 378).
5. Con il secondo motivo di appello si lamenta la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, in quanto la sentenza non è stata resa nella lingua del ricorrente.
Gli si sarebbe quanto meno dovuto nominare un interprete.
5.1. La censura è infondata.
Nessuna norma prevede che la sentenza sia redatta nella lingua del cittadino extracomunitario.
Quanto alla nomina di un interprete, la stessa non è stata chiesta in prime cure, e il giudice ha ritenuto di non disporla di ufficio, correttamente presumendo che un cittadino straniero che risiede in Italia sin dal 1994 abbia una sufficiente conoscenza della lingua italiana, considerato altresì che nel processo amministrativo la difesa si esercita a mezzo di avvocato e non di persona.
Non viene peraltro evidenziata alcuna violazione del diritto di difesa, atteso che il ricorrente ha comunque proposto appello a mezzo difensore e non ha subito alcuna menomazione del contraddittorio.
6. Con altra censura si lamenta che non è stato tradotto in lingua nota al ricorrente il decreto di rigetto del ricorso gerarchico, e che tale decreto non è sufficientemente motivato.
Tali censure sono inammissibili perché non sono state proposte con il ricorso di primo grado, ma per la prima volta in appello.
7. Viene poi riproposto il motivo del ricorso di primo grado, volto a far valere la violazione dell’art. 13 del patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato in Italia con l. n. 881/1977.
7.1. La censura è inammissibile perché costituisce mera riproposizione della censura articolata in prime cure, senza alcuna critica puntuale al capo di sentenza che tale censura ha respinto.
Solo per completezza va ribadito quanto già osservato dal Tar, circa l’assenza della dedotta violazione, in quanto l’invocato art. 13 dispone che uno straniero che si trova nel territorio di uno Stato non può essere espulso se non in base ad una decisione presa in conformità della legge.
Il provvedimento espulsivo si fonda, nella specie, su una puntuale disposizione legislativa.
8. Con ulteriore motivo di appello si ripropone il motivo del ricorso di primo grado volto a far valere la violazione dell’art. 19, l. n. 98/1994, che fonderebbe un divieto di espulsione per lo straniero con figli minori.
8.1. Anche tale censura è inammissibile perché costituisce mera riproposizione della censura articolata in prime cure, senza alcuna critica puntuale al capo di sentenza che tale censura ha respinto.
Solo per completezza va ribadito quanto già osservato dal Tar, circa l’assenza della dedotta violazione in quanto l’invocato art. 19 (d.lgs. n. 286/1998 e non l. n. 98/1994), non consente l’espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana. Nella specie né il figlio minore né il coniuge né altri parenti entro il quarto grado e conviventi sono di nazionalità italiana.
8.2. Neppure può utilmente invocarsi, davanti al giudice amministrativo, il precedente delle Sezioni unite 16 ottobre 2006 n. 22216, a tenore del quale <<lo straniero che abbia lasciato scadere, o al quale non sia stato rinnovato il permesso di soggiorno, non può essere espulso se abbia figli minori che possano ricevere grave pregiudizio dall’allontanamento del genitore>>.
La pronuncia si riferisce infatti ad una diversa normativa applicabile, quella dell’art. 31, co. 3, d.lgs. n. 286/1998, a tenore del quale il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.
Invero, compete solo al Tribunale per i minorenni, e non alla pubblica Amministrazione di sicurezza, né al giudice amministrativo, valutare se autorizzare l’ingresso o la permanenza in Italia dello straniero, per esigenze di tutela di figli minori, in deroga alle norme del t.u.
In sede di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, o di adozione del provvedimento di espulsione, l’Amministrazione è tenuta ad applicare le norme che regolano l’ingresso e il soggiorno degli stranieri, e che non demandano all’autorità di p.s. il compito di valutare l’interesse dei minori (salvo i casi in cui ricorra il presupposto, qui mancante, del ricongiungimento familiare), e la legittimità o meno di tali provvedimenti va valutata sulla base di tali norme.
La valutazione circa le conseguenze di provvedimenti di diniego, revoca del permesso di soggiorno, di espulsione, per i figli minori del cittadino straniero, richiede complessi accertamenti sullo sviluppo psico-fisico del minore, accertamenti che sono riservati al Tribunale per i minorenni.
Pertanto questo giudice non può sostituirsi a quest’ultimo in siffatto compito.
Nulla peraltro impedisce all’odierno appellante di rivolgersi al competente Tribunale per i minorenni.
9. Con ulteriore motivo di appello, si ripropone il motivo del ricorso di primo grado volto a dedurre la violazione dell’art. 7, co. 1, l. n. 39/1990.
9.1. Anche tale censura è inammissibile perché costituisce mera riproposizione della censura articolata in prime cure, senza alcuna critica puntuale al capo di sentenza che tale censura ha respinto.
Solo per completezza va ribadito quanto già osservato dal Tar, circa l’assenza della dedotta violazione in quanto:
a) la sentenza di patteggiamento va equiparata ad una sentenza di condanna, ai fini dell’applicazione dell’art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998;
b) l’espulsione prevista dall’art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998, non costituisce una misura di sicurezza o una pena accessoria, e nella specie non è stato applicato l’art. 7, l. n. 39/1990 (recte: l’art. 7, d.l. n.416/1989, conv. in l. n. 39/1990), disposizione peraltro abrogata dalla l.n. 40/1998 e dal d.lgs. n. 286/1998, in epoca anteriore alla data di adozione del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per cui è processo.
10. Con ulteriore censura si deduce che la sentenza di patteggiamento non poteva essere posta a fondamento del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno.
10.1. Va ribadito che l’art. 26, co. 7-bis, d.lgs. n. 286/1998 ha riguardo al tipo di reato per cui interviene condanna, e non al tipo di rito processuale e al tipo di sentenza che applica la pena; costituisce costante orientamento di questo Consesso che la sentenza di patteggiamento va equiparata ad una sentenza di condanna.
11. Per quanto esposto l’appello va respinto. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo   Presidente
Luciano Barra Caracciolo   Consigliere
Rosanna De Nictolis   Consigliere, Rel. ed Est.
Domenico Cafini   Consigliere
Maurizio Meschino   Consigliere
Presidente
Giuseppe Barbagallo
Consigliere       Segretario
Rosanna De Nictolis     Andrea Sabatini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il…24/04/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero………………………………………………………………………………….

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
      Il Direttore della Segreteria

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