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Ora è sicuro, arriva una nuova regolarizzazione

Il governo ha recepito la direttiva europea che inasprisce le pene per chi assume stranieri irregolari. Imprese e famiglie che si autodenunciano (e pagano ) potranno evitarle e gli immigrati avranno il permesso. Nei casi di sfruttamento più grave, permesso a chi denuncia il datore

Roma – 6 luglio 2012 –  Adesso è sicuro, il governo ha approvato una nuova regolarizzazione, anche se preferisce chiamarla “ravvedimento operoso” o “misura transitoria”. Permetterà a imprese e famiglie che danno lavoro a uno o più immigrati irregolari di evitare le nuove sanzioni in arrivo e ai cittadini stranieri di mettersi in tasca un permesso di soggiorno.

È scritto nel decreto legislativo varato oggi in via definitiva dal Consiglio dei ministri che recepisce la   direttiva europea 2009/52/CE sulle “norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Rispetto alle indicazioni di Bruxelles, il decreto aggiunge una misura transitoria che permetterà a moltissimi invisibili di uscire alla luce del sole e allo Stato di incassare un bel po’ di soldi.

Andiamo per ordine. Già oggi, chi dà lavoro a un immigrato senza permesso è punito con l’arresto da sei mesi a tre anni e una multa di cinquemila euro per ogni lavoratore impiegato. A questo si aggiungono le sanzioni amministrative per la violazione degli obblighi retributivi e contributivi. Per il lavoratore è prevista l’espulsione.

Il decreto del governo, stando alle prime anticipazioni, prevede che chi è stato condannato anche in via non definitiva per questo reato non potrà far arrivare in Italia lavoratori stranieri con i flussi di ingresso. Inoltre, dovrà pagare una nuova multa pari al “costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero assunto irregolarmente”, soldi che serviranno a finanziare i rimpatri, ma anche progetti per l’integrazione.

Grave sfruttamento? Permesso a chi denuncia
Si aggiunge poi un’aggravante per i casi di particolare sfruttamento. Le pene per i datori aumentano infatti da un terzo alla metà se i lavoratori sono più di tre, se sono minori con meno di sedici anni, o se sono sottoposti a “condizioni di grave pericolo”, tenendo conto delle “caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.

Solo in questi casi, se il lavoratore denuncia il datore e collabora durante il processo, può ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Durerebbe sei mesi e sarebbe rinnovabile per un anno o più finchè si arriva alla fine del processo, ma potrebbe anche essere convertito in un permesso per lavoro se intanto il cittadino straniero trova un’altra occupazione, ovviamente regolare.

Questa procedura potrebbe essere applicata, ad esempio, agli immigrati impiegati nei campi in condizioni disumane, sottopagati e schiavi del caporalato. Lavoratori come quelli che si ribellarono a Rosarno, per citare uno dei casi che si è guadagnato l’attenzione dei media. Sono tanti, ma comunque rappresentano una fetta relativamente minoritaria dell’immigrazione irregolare.

La regolarizzazione
Molto più diffusa è la condizione colf, badanti, operai, muratori e altri che, anche non “particolarmente” sfruttati, comunque lavorano necessariamente in nero, perché non hanno il permesso di soggiorno. Anche per questa più vasta platea, ed è probabilmente la notizia più attesa, arriva un salvagente.

Mentre il decreto prendeva forma, il ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi aveva suggerito di dare ai datori di lavoro, per una breve fase transitorio prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, la possibilità di un “ravvedimento operoso”. Autodenunciandosi entro una certa data, e pagando una certa somma, avrebbero potuto  evitare le sanzioni.

La stessa opinione è stata espressa a larga maggioranza dalle commissioni di Camera e  Senato. Palazzo Madama è stato molto preciso, chiedendo “una fase transitoria entro la quale i datori di lavoro possono volontariamente adeguarsi alle norme di legge ed evitare così le sanzioni più gravi, dichiarando entro un termine certo il rapporto di lavoro irregolare, con l’onere per il datore di lavoro dei pagamenti retributivi, contributivi e fiscali pari ad almeno tre mesi e con il pagamento di un contributo di 1.000 euro per ciascun lavoratore”.

Su impulso del ministro Riccardi, che facendosi interprete anche delle posizioni del Parlamento nelle scorse settimane aveva tastato gli umori e gli orientamenti dei colleghi, il  governo ha inserito questa possibilità nel decreto approvato oggi. Per conoscere i dettagli bisognerà attendere qualche giorno, anche perché a quanto pare i tecnici stanno ancora lavorando di lima, ma la speranza lascia il posto alla certezza, arriva una nuova regolarizzazione.  

Elvio Pasca

 

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