Roma – 14 settembre 2012 – A poche ore dall’apertura della regolarizzazione c’è fin troppa quiete. E non ci sono segni di tempesta. Tutto lascia supporre che quando alle 8.00 del 15 settembre scatterà l’invio online delle domande la linea di partenza sarà decisamente poco affollata. E ci vorranno giorni prima che la pista si riempia.
A decidere la portata della nuova regolarizzazione non è infatti la vastità del mondo finora sommerso da far emergere, ma le strettoie della procedura attraverso la quale si vuole raggiungere lo scopo. I requisiti per accedere sono severi, il conto da pagare è salato e alcuni passaggi sono ancora oscuri. Solo quando questi verranno chiariti ci si potrà forse aspettare un’impennata delle domande.
In uno studio rilanciato oggi dalla Fondazione Leone Moressa si legge che i lavoratori stranieri “regolarizzabili” sono 380 mila. Sono però gli stessi ricercatori a mettere le mani avanti quando sottolineano che “la stima corrisponde alla potenziale platea da regolarizzare, ma è ipotizzabile, proprio per le caratteristiche di questa sanatoria, che la cifra possa essere inferiore”.
Questa è un’analisi abbastanza diffusa tra chi aiuterà datori e lavoratori a presentare le domande.“Per il momento riscontriamo un afflusso minore rispetto a quello della sanatoria del 2009 e arrivano quasi solo immigrati, anche se dicono che prendono informazioni per i datori. Spesso non possiamo dare risposte certe, perché c’è ancora una certa vaghezza, ad esempio, sui documenti validi per provare la presenza in Italia” dice Vincenzo Annibale, responsabile dell’ufficio immigrati della Cgil di Napoli.
“L’impressione – commenta il sindacalista – è che stavolta da parte dei datori ci sia ancora meno voglia di regolarizzare. Il costo è alto, ma soprattutto il malcostume di tenere in nero è ancora molto diffuso, perché manca un vero deterrente. Anche con la nuova legge, la denuncia da parte del lavoratore è una strada poco praticabile perché, tranne che nei casi di grave sfruttamento, si rischia l’espulsione”.
I Consulenti del Lavoro prevedono una partenza in sordina. “Tra i datori c’è grossa attesa, vogliono chiarezza sulla dimostrazione della presenza in Italia, ma anche, ad esempio, altri dettagli riguardo al versamento dei sei mesi di arretrati. Solo quando avranno la ragionevole certezza di poter regolarizzare presenteranno la domanda” dice Silvia Bradaschia della Fondazione Studi del Consiglio nazionale dell’Ordine.
“I costi per i datori di lavoro, comunque, sono alti e sarebbe stata auspicabile una rateizzazione” sottolinea l’esperta, citando gli esempi riportati anche in una guida pubblicata qualche giorno fa dalla Fondazione Studi: “Gli arretrati retributivi, contributi e fiscali di un metalmeccanico di terzo livello costano all’azienda dodicimila euro. E pure il conto per una colf part-time non è basso, circa duemilaottocento euro”.
Anche agli sportelli della Cisl di Milano, dove si tengono assemblee quotidiane sulla regolarizzazione, la domanda più frequente riguarda la prova di presenza. “Molti sono qui da anni, ma sono arrivati facendo scalo in altri Paesi dell’area Schengen e quindi, per esempio, hanno sul passaporto un timbro spagnolo. Verranno esclusi? Potranno presentare il biglietto aereo?” chiede Maurizio Bove, responsabile immigrazione del sindacato.
“Anche da noi – conferma – vengono quasi solo lavoratori stranieri e spesso dicono che il datore non li vuole regolarizzare perché i costi sono troppo alti e l’azienda è in crisi. Poi ci sono molti domestici che lavorano ad ore per più famiglie, che però non potranno mettersi insieme per presentare la domanda”.
Niente boom di domande, insomma? “No, almeno all’inizio. Su centinaia di persone che ci hanno chiesto informazioni nell’ultima settimana, finora nessuna aveva già pagato i mille euro di contributo forfetario. E solo cinque ci hanno lasciato i contatti per fissare un appuntamento e inviare tramite i nostri sportelli la richiesta di regolarizzazione”.
Elvio Pasca